L'accordo trovato sugli “aiuti” alla Grecia è significativo
su un punto specifico: la Troika (Bce, Ue, Fmi) sta prendendo atto che
le sue ricette non funzionano, non hanno funzionato, non possono
funzionare.
“Sta prendendo” non significa affatto “ha preso atto”. Troppi gli interessi – finanziari, ma anche normativi – in gioco per mettere una lapide su una strategia fallimentare. Ma i tre killer dei paesi euromediterranei hanno dovuto ammettere che pretendere il rimborso pieno del debito e degli interessi, nei tempi fissati dai precedenti “accordi” o “aiuti”, avrebbe comportato la morte del paziente. E quindi la rinuncia a rientrare almeno in parte dei crediti concessi.
Non si tratta insomma di un atto di saggezza, ma di un calcolo freddo: se il debitore muore (la Grecia), il creditore non ci guadagna più nulla.
Lo si capisce benissimo dal compromesso costruito a fatica sulle nuove misure con cui ridurre il debito greco. Non più privatizzazioni e svendite del patrimonio pubblico (c'era rimasto ben poco), non più nuovi mega-tagli della spesa (la gente sta morendo di fame e malattie, la tensione può esplodere in qualsiasi momento, in qualsiasi direzione), ma alchimie finanziarie che di fatto implicano una riduzione forte dei profitti attesi sull'indebitamento ellenico. Vediamoli uno per uno, anche se ovviamente a “prima impressione”, non avendo ancora i testi dettagliati.
- riacquisto da parte della Grecia di una quota dei bond in circolazione. Il paese viene autorizzato a ricomprarsi una parte (importante, altrimenti non avrebbe senso) dei propri titoli di stato in circolazione sui mercati. Lo può dunque fare ai prezzi attuali (infimi) e non a quelli nominali del momento dell'emissione. Quello che insomma dovrebbe “valere” 100 oggi sta sul mercato a 28-35, a seconda del tipo di titoli; e si tratta di prezzi di nuovo in salita proprio perché questa soluzione era già nell'aria, nei rumours di mercato. Di fatto uno “sconto” notevolissimo per il ministero del tesoro di Atene.
- riduzione significativa dei tassi di interesse sui prestiti bilaterali e delle commissioni sui prestiti Efsf; anche questo è uno “sconto” importante, che comporta una riduzione netta delle cifre per interessi pagate da Atene alla Ue attraverso la Bce.
- allungamento di 15 anni della durata dei rimborsi e rinvio di 10 anni dei pagamenti degli oneri; stesso discorso, perché rinvare una scadenza significa “dare fiato” al creditore.
- versamento su un conto bloccato ad Atene dei profitti realizzati dalle banche centrali sulle obbligazioni elleniche detenuti. È un passaggio decisivo, perché i profitti che dovrebbero finire in tasca agli investitori pubblici stranieri (anche se formalmente le banche centrali non lo sono) vengono congelati e di fatto messi a disposizione della Grecia per riacquistare i suoi stessi titoli.
Una gigantesca partita di giro che implica, dicevamo, una sostanziale rinuncia a guadagnare sul debito greco (gli investitori privati che oggi hanno ancora in cassaforte titoli greci, però, staranno tirando un profondo sospiro di sollievo: i prezzi tornano a salire e quindi le loro perdite potenziali si riducono molto). Sullo sfondo, e avanzata addirittura dall'ultrarigorista Olanda, avanza l'ipotesi del “condono”. Ovvero della rinuncia, da parte dei creditori, di una parte sostanziosa del capitale a suo tempo prestato. Una specie di “no debito”, ma deciso unilateralmente dall'alto dei cieli della Troika. A noi, in ogni caso, sembra una dimostrazione del fatto che “non pagare il debito” è un'indicazione assolutamente realistica. Se ci stanno pensando (molto parzialmente) anche loro....
Fine del “rigore”, dunque?
Nemmeno per sogno. Atene potrà ambire ad avere sconti ancora più sostanziosi solo quando avrà ricominciato a produrre un surplus di bilancio (ovvero entrate fiscali superiori al livello della spesa pubblica). Quindi nessun respiro per il popolo che ha bisogno di sanità, pensioni, assistenza e altri servizi indispensabili che continuano a essere considerati “spesa improduttiva”. Altri tagli ci saranno certamente, forse solo meno violenti.
“Sta prendendo” non significa affatto “ha preso atto”. Troppi gli interessi – finanziari, ma anche normativi – in gioco per mettere una lapide su una strategia fallimentare. Ma i tre killer dei paesi euromediterranei hanno dovuto ammettere che pretendere il rimborso pieno del debito e degli interessi, nei tempi fissati dai precedenti “accordi” o “aiuti”, avrebbe comportato la morte del paziente. E quindi la rinuncia a rientrare almeno in parte dei crediti concessi.
Non si tratta insomma di un atto di saggezza, ma di un calcolo freddo: se il debitore muore (la Grecia), il creditore non ci guadagna più nulla.
Lo si capisce benissimo dal compromesso costruito a fatica sulle nuove misure con cui ridurre il debito greco. Non più privatizzazioni e svendite del patrimonio pubblico (c'era rimasto ben poco), non più nuovi mega-tagli della spesa (la gente sta morendo di fame e malattie, la tensione può esplodere in qualsiasi momento, in qualsiasi direzione), ma alchimie finanziarie che di fatto implicano una riduzione forte dei profitti attesi sull'indebitamento ellenico. Vediamoli uno per uno, anche se ovviamente a “prima impressione”, non avendo ancora i testi dettagliati.
- riacquisto da parte della Grecia di una quota dei bond in circolazione. Il paese viene autorizzato a ricomprarsi una parte (importante, altrimenti non avrebbe senso) dei propri titoli di stato in circolazione sui mercati. Lo può dunque fare ai prezzi attuali (infimi) e non a quelli nominali del momento dell'emissione. Quello che insomma dovrebbe “valere” 100 oggi sta sul mercato a 28-35, a seconda del tipo di titoli; e si tratta di prezzi di nuovo in salita proprio perché questa soluzione era già nell'aria, nei rumours di mercato. Di fatto uno “sconto” notevolissimo per il ministero del tesoro di Atene.
- riduzione significativa dei tassi di interesse sui prestiti bilaterali e delle commissioni sui prestiti Efsf; anche questo è uno “sconto” importante, che comporta una riduzione netta delle cifre per interessi pagate da Atene alla Ue attraverso la Bce.
- allungamento di 15 anni della durata dei rimborsi e rinvio di 10 anni dei pagamenti degli oneri; stesso discorso, perché rinvare una scadenza significa “dare fiato” al creditore.
- versamento su un conto bloccato ad Atene dei profitti realizzati dalle banche centrali sulle obbligazioni elleniche detenuti. È un passaggio decisivo, perché i profitti che dovrebbero finire in tasca agli investitori pubblici stranieri (anche se formalmente le banche centrali non lo sono) vengono congelati e di fatto messi a disposizione della Grecia per riacquistare i suoi stessi titoli.
Una gigantesca partita di giro che implica, dicevamo, una sostanziale rinuncia a guadagnare sul debito greco (gli investitori privati che oggi hanno ancora in cassaforte titoli greci, però, staranno tirando un profondo sospiro di sollievo: i prezzi tornano a salire e quindi le loro perdite potenziali si riducono molto). Sullo sfondo, e avanzata addirittura dall'ultrarigorista Olanda, avanza l'ipotesi del “condono”. Ovvero della rinuncia, da parte dei creditori, di una parte sostanziosa del capitale a suo tempo prestato. Una specie di “no debito”, ma deciso unilateralmente dall'alto dei cieli della Troika. A noi, in ogni caso, sembra una dimostrazione del fatto che “non pagare il debito” è un'indicazione assolutamente realistica. Se ci stanno pensando (molto parzialmente) anche loro....
Fine del “rigore”, dunque?
Nemmeno per sogno. Atene potrà ambire ad avere sconti ancora più sostanziosi solo quando avrà ricominciato a produrre un surplus di bilancio (ovvero entrate fiscali superiori al livello della spesa pubblica). Quindi nessun respiro per il popolo che ha bisogno di sanità, pensioni, assistenza e altri servizi indispensabili che continuano a essere considerati “spesa improduttiva”. Altri tagli ci saranno certamente, forse solo meno violenti.
Fonte:contropiano.org