venerdì 30 marzo 2012

Arginare lo strapotere della finanza: un intervento necessario che nessuno vuole

di Giovanni Acquati
La situazione che stiamo vivendo, crisi delle nostro sistema economico fatto di piccole e medie imprese, disoccupazione crescente, attacco alle coperture sociali ed ai diritti dei lavoratori, ha tra le cause principali lo scellerato gioco della finanza nel mondo globalizzato di oggi, che provoca e sfrutta situazioni di crisi per poter mettere propri uomini nei posti chiave degli Stati.
Questo sistema economico liberista in voga da decine d’anni, che ci sta trascinando in questo disastro, che continua a forgiare economisti inquadrati e convinti che vi sia questa sola possibile via economica allo sviluppo, a questo sostanzialmente mirava: diminuire il potere di verifica e controllo degli Stati Sovrani, per liberalizzare al massimo il mercato per le imprese multinazionali e giungere a eliminare ogni ostacolo alla libera circolazione di merci, persone e denaro.
In realtà ciò che circola liberamente e senza controllo è solo il denaro, mentre merci e persone ancora no! E’ molto facile infatti con un clic spostare ingenti somme di denaro che è vuoto, immateriale, volatile, mentre è molto più complicato per le merci, che sono invece cose concrete che richiedono vero lavoro, e per le persone, con tutte le problematiche che anche in Italia ben conosciamo.
Ecco perché la finanza è diventata il problema cardine del mondo: non ha alcun ostacolo e nessuno è intenzionato a metterne perchè tutti ne sono condizionati: le imprese, che guadagnano più sull’attività finanziaria che sulla produzione di beni e servizi; le università che non vogliono perdere gli enormi investimenti; gli Stati che hanno paura delle ripercussioni speculative che può provocare quando si ha sistema finanziario contro; noi tutti cittadini ammaliati e bombardati dal gioco del guadagno facile. La finanza ha raggiunto così un potere eccessivo, minaccioso e incontrollato!
La politica non esiste più, è incosciente o incapace e senza coraggio e lascia fare ai paladini del liberismo puro come Monti ed il suo governo non eletto da nessuno, esattamente lo stesso schema della Commissione Europea che non è eletta da nessuno, ma composta da oligarchi finanziari ed esponenti di multinazionali, che determinano e dettano le regole di comportamento alla Banca Centrale Europea che a sua volta le detta agli Stati Europei ormai “non più Sovrani”!
Ne consegue che i sacrifici contro la crisi non intaccano minimamente la finanza, proprio perché è essa stessa a determinare le regole di intervento per cui non può che difendere i propri esclusivi interessi. Molti, (vi ricordate?) allo scoppio della crisi auspicavano che questa potesse essere l’occasione per porre un freno al dominio della finanza: che fine hanno fatto questi discorsi? I media hanno presto abbandonato questo argomento perché abbondantemente … “foraggiati”.
Ma dove si possono trovare le risorse per far fronte alla crisi se non dove ci sono? Ovvero dentro il mondo finanziario che sta gestendo una gigantesca somma impronunciabile di denaro che si costruisce sui debiti degli Stati e della gente comune, rovinandoli? L’origine di questa crisi, ricordiamo, sta nella speculazione sui mutui/debiti delle famiglie americane più povere, spinte a comprare casa, quando si sapeva che non erano in grado di rimborsare, e rivenduti nel mercato.
Porre dunque delle tassazioni alle transazioni/speculazioni finanziarie; dividere le categorie di Banche limitando l’operatività di ciascuna in specifici campi; proibire le operazioni fatte senza il possesso materiale dei titoli (sì, è possibile anche questo ovvero giocare davvero come a Monopoli al rialzo o al ribasso senza possedere titoli ma solo facendoseli prestare virtualmente da una banca disponibile via internet anche solo per qualche ora!); delegittimare lo sporco gioco delle imprese di rating, evidenti strumenti al servizio della speculazione finanziaria mondiale; sono alcune minime iniziative da intraprendere da cui: da una parte si ricaverebbero enormi risorse, dall’altra si limiterebbe la speculazione pura.
Ma c’è da rivedere complessivamente anche la politica monetaria Europea! L’euro, così com’è congegnato è un peso troppo grande da sopportare, è stata una scelta scellerata da rivedere. Bisogna ritornare ad avere la possibilità, ad esempio, di poter svalutare la propria moneta per rimanere competitivi, come fa l’Inghilterra che pur essendo nell’Europa, ha mantenuto la sua moneta e per far fronte alla crisi ha lasciato pesantemente svalutare la sterlina negli ultimi anni!
Perché dunque non riprendere anche in Italia ad emettere le nostre vecchie ed amate lire che ci hanno indotti ad abbandonare, ammaliandoci con la prospettiva che dall’unione monetaria si poteva anche raggiungere quella politica, culturale e fiscale? E questo a fianco dell’Euro che rimarrebbe come moneta per gli scambi in Europa. E' andata bene per i primi anni, anch’io ci sono cascato, ma ora che le cose sono più chiare ed il gioco scoperto, bisogna anche prendersi il coraggio e l’umiltà di dire: “abbiamo sbagliato, scusateci, facciamo quest’altro”: sarebbe più etico e serio.
E’ anche questo un modo per limitare lo strapotere della finanza e per riprenderci un po’ di sovranità: la speculazione finanziaria reagirà aspramente! Si tratterà di resistere un po’, ma poi con la nostra forza e capacità che ci ha portato ad essere la 4^ potenza economica del mondo (che hanno pianificato poco a poco di distruggere, riuscendoci), sapremo certamente riprendere il sopravvento.
Ma ci vuole anche un’altra politica, altri uomini, altre visioni e prospettive economiche. Prendiamoci il coraggio di cambiare e di sostenere chi ci propone nuove strade e non più, o non solo, sacrifici solo per la gran parte dei cittadini che sono per lo più vittime incolpevoli della crisi in atto. Quando ci saranno fautori di queste nuove prospettive allora varrà la pena andarli a votare!

Fonte:Tiscali.it

Cosa e' rimasto della giovane Italia?... Libro interattivo! Scrivilo con noi! Parte1!.

La giovine Italia... 
Ma cosa ne e' rimasto della giovine Italia"?... 

Possiamo anche dire che e' scomparsa ma sappiamo tutti che non e' cosi. Tempo addietro l'Italia era un paese al dir poco normale, anzi, il fiore all'occhiello dell'Europa che ancora doveva unirsi, certo, non eravamo perfetti ma almeno provavamo a comportarci come tale.

Mi trovo sul mio letto, in preda ai mille pensieri che girano continuamente, frequentemente una domanda pero' rimbomba nella mia testa piena di perche' al dir poco inrisolvibili...
MA COME CAZZO ABBIAMO FATTO A FINIRE COSI?
Molti di voi si stanno ponendo la stessa domanda, altri non se ne fottono, altri ancora si lamentano ma non parlano, altri parlano ma non si lamentano. Vorrei capire come fare, vorrei cercar di entrare nei meccanismi economici e filosofici che ci hanno condotto a questo punto, Quale punto? Bhe nell'ultimo anno ci sono stati il 78% di suicidi in piu' in Italia a causa di una crisi che morde alla giugulare come nemmeno Dracula potrebbe fare meglio. Ma questo lo vedremo nei prossimi capitoli.
Progetto di un Libro interattivo, vi state chiedendo ma in questo libro di cosa parleremo?
Cercheremo insieme di rispondere alla domanda che ho esposto prima... Questo sara' il primo libro interattivo tra chi lo scrive e chi lo legge, e si infatti lo completeremo insieme! Nei commenti scrivete cio' che vi passa in mente, scrivete la risposta alla domanda guida del libro, oppure ancora parlateci di un argomento che volete.

In questi giorni si parla tanto del lavoro, dell'ormai famossisimo Articolo18, una diatriba irriverente, uno sputtanamento della democrazia e della costituzione italiana.  I nostri diritti per l'ennesima volta messi sotto ai piedi, come una cicca di sigaretta ormai consumata e inutile. Siamo sotto governo tecnico, siamo sotto una semi-dittatura, pero' almeno e' tecnica. Io non capisco o forse mi rifiuto di capire, ma che cazzo vogliono? I lavoratori spogliati di tutti i diritti fondamentali, quei diritti che ti rendono un uomo libero un uomo normale, si normale, in Italia essere normali sta diventando un lusso, e si! Ma cazzo! Io non ci sto! io non voglio accettare, non voglio accettare di fare i sacrifici mentre i Tecnici non si muovono di un millimetro, e no, loro non possono decurtarsi lo stipendio, non possono rinunciare ai vitalizi, non possono rinunciare ai privilegi, pero' gli italiani si. Forse noi non contiamo un cazzo?

Ecco di cosa parleremo nel primo capitolo...

Lavoro, Tasse e... Casse!

Italia regina del gas: Snam fa gola ai mandanti di Monti

«I gruppi finanziari mangiano la carne cruda dei lavoratori solo quando hanno finito la ciccia vera, ed è la fine di quella ciccia a preparare l’ecatombe». Domanda: cosa c’è ancora di veramente divorabile in Italia? Ovvero: cosa fa del nostro paese una realtà tuttora capace di forza economica e soprattutto geopolitica, lasciandogli rilevanti carte strategiche da giocare sullo scacchiere globale dove si decidono le sorti di interi popoli? Risposta semplicissima: le grandi infrastrutture utili, come quella del gas, messa a punto da un colosso come Snam i cui bilanci vanno a gonfie vele e probabilmente preoccupano chi ha fatto di tutto, finora, per spolpare l’Italia. Mentre i giornali parlano solo di legge elettorale e articolo 18, che qualcuno definisce “armi di distrazione di massa”, Stefano Serafini di “Alternativa” propone una domanda scomoda: siamo certi di sapere quale sia il vero compito di Mario Monti?
I precedenti sono ben noti, e raccontano degli innumerevoli tentativi di scalare il gruppo Eni, «vera spina dorsale della nostra ricchezza e della Snamnostra forza geopolitica». Era l’Eni il vero obiettivo delle «minacce internazionali al governo Berlusconi, culminate nell’orrore della guerra libica», afferma Serafini, membro del comitato scientifico del laboratorio fondato da Giulietto Chiesa. E prima ancora, c’era stato «il ladrocinio – definito eufemisticamente “privatizzazione” – ai danni delle società a partecipazione statale italiane, iniziato in concomitanza al crollo dell’Unione Sovietica». Una serie di “spolpamenti” a ripetizione, che fece scivolare l’Italia dalla settima alla trentesima posizione fra i paesi più sviluppati del mondo. Troppo creativa, ingegnosa e vitale: l’Italia dava fastidio e andava a tutti i costi “punita”, ha ricordato l’economista francese Alain Parguez, già consigliere di Mitterrand, al summit di Rimini sulla Modern Money Theory promosso a febbraio da Paolo Barnard.
Se per gli economisti neo-keynesiani il dramma nasce con l’imposizione autoritaria dell’euro (una moneta-fantasma, non pubblica, che gli Stati devono prendere a prestito a caro prezzo, condannandosi così alla crisi irrisolvibile del debito pubblico privatizzato), Stefano Serafini sottolinea l’enorme potere di ricatto che ha acquisito la finanza internazionale, che emana diktat e impone i suoi uomini-chiave alla guida di paesi “ribelli” come la Grecia o “scomodi” come l’Italia: quello che Francia e Germania non ci perdonano, dice Parguez, è la nostra famosa capacità di mobilitare risorse creative, raggiungendo risultati impensabili, anche grazie al supporto strategico di grandi strutture come il gruppo Eni. Serafini invita a rileggere i Salvatore Sardo e Carlo Malacarnebilanci della Snam, resi pubblici dal presidente Salvatore Sardo: quasi 800 milioni l’utile netto del 2011, mentre la tendenza per il 2012 sfiora il miliardo di euro.
Notizie ancora più interessanti il 13 marzo dall’amministratore delegato Carlo Malacarne: da qui al 2015, Snam punta allo sviluppo del sistema italiano delle infrastrutture del gas e all’espansione all’estero, con l’obiettivo di contribuire a fare dell’Italia un hub del gas per il Sud Europa. «Nei prossimi anni – spiega Malacarne – per il mercato del gas si prevede una crescita progressiva della domanda, accompagnata dalla necessità di avere maggiori garanzie per la sicurezza degli approvvigionamenti e la flessibilità del sistema». Snam è oggi nelle condizioni di cogliere le opportunità connesse all’attuazione del Terzo Pacchetto Energia dell’Unione Europea. Obiettivo: «Realizzare le condizioni per la creazione di un “gas-hub” per il sud Europa che permetta di trasformare l’Italia da Paese consumatore a sistema di transito del gas, data gasdottola sua strategica posizione geografica che la vede un crocevia naturale dei principali flussi di gas dai paesi produttori ai paesi consumatori».
L’annuncio della Snam fa esplicito riferimento al “South Stream”, progetto messo a punto da Berlusconi e Putin: il super-gasdotto russo a grande partecipazione italiana libererebbe l’Europa da buona parte della dipendenza statunitense, mediata da Stati-satellite come l’Ucraina e la Polonia, al centro delle periodiche “guerre del gas” che si accendono ogni inverno, minacciando di lasciare a secco le industrie europee. Proprio contro il “South Stream”, che darebbe un enorme potere all’Italia grazie all’alleanza commerciale con la Russia, negli ultimi dieci anni sono state mosse tutte le principali operazioni geopolitiche e militari nell’area. Serafini è esplicito: «Ho il sospetto che l’ultima grande privatizzazione contro il cuore del sistema-Italia, la privatizzazione di Snam, sia il vero obiettivo di Monti e dei suoi padroni, nel quadro della definitiva sudditanza del paese al sistema finanziario internazionale che ha il suo principale braccio armato in ciò che resta degli Stati Uniti d’America». Un crimine, aggiunge Serafini, al cui confronto tutte le chiacchiere dell’agenda politica sono solo «teatro da cavallette».

Fonte:Libre associazione di idee

Governo, decretino per le banche

di Carlo Musilli
In sordina, alla chetichella, ma alla fine il mini-decreto salva-banche è arrivato. Il governo lo ha varato con disinvoltura venerdì scorso, infilandolo fra due provvedimenti che giustamente hanno catalizzato un'attenzione molto maggiore da parte dei media e dell'opinione pubblica: la riforma del lavoro e la delega fiscale. Fatto sta che, dei tre testi su cui si è discusso nell'ultima infinita riunione del Consiglio dei ministri, quello in favore degli istituti di credito è l'unico ad entrare immediatamente in vigore. Morale della favola: nessuno tocchi le commissioni bancarie.
In sostanza, l'ennesimo decreto approvato dalla squadra Monti ha come unico scopo quello di annullare una norma inserita nel pacchetto sulle liberalizzazioni, il cosiddetto "cresci-Italia", che è diventato legge appena giovedì scorso con l'approvazione definitiva della Camera. La misura -introdotta al Senato con un emendamento del Pd, cui il governo aveva dato parere contrario - prevedeva il taglio delle commissioni bancarie su crediti, fidi (l'impegno a mettere una somma a disposizione del cliente) e sconfinamenti (l'utilizzo di fondi oltre il limite accordato dalla banca tramite il fido).
Niente da fare, abbiamo scherzato: con l'ultimo decreto il governo limita la nullità delle commissioni a quelle banche che non si adegueranno alle future disposizioni sulla trasparenza dettate dal Cicr (il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio). Un modo politicamente corretto per dire "nessuna banca".

Il dato più interessante è che questa correzione in extremis ha incontrato una larghissima approvazione in Parlamento. Anzi, il decreto ricalca praticamente alla lettera un ordine del giorno presentato dalla maggioranza, con in calce le firme di esponenti Pd, Pdl e terzo polo. Un elemento in più - se mai ce ne fosse bisogno - per valutare la labirintite che affligge gli uomini del Partito democratico, ridottisi a chiedere di cancellare un emendamento che loro stessi avevano presentato.
Ma per quale ragione la correzione non è stata inserita all'interno dello stesso provvedimento sulle liberalizzazioni? E in ogni caso, con la bulimia legislatrice di questi tempi tecnici, non si poteva infilare in uno qualsiasi dei testi che attualmente viaggiano in Parlamento? No. E la ragione ha del fantozziano.
Il governo ha scelto di non modificare l'emendamento durante la discussione alla Camera perché questo avrebbe reso necessaria una terza lettura al Senato, mettendo l'intero decreto "cresci-Italia" a rischio scadenza (fissata per il 24 marzo). All'inizio si era pensato di procedere con un nuovo emendamento, stavolta al decreto semplificazioni, ma anche in questo caso l'aggiunta avrebbe imposto una terza lettura a Palazzo Madama. Tutte lungaggini di Palazzo che le banche non potevano permettersi.
La norma che avrebbe dovuto annullare le commissioni è entrata ufficialmente in vigore domenica, con la pubblicazione del decreto liberalizzazioni in Gazzetta Ufficiale. Se l'annullamento della misura fosse arrivato anche solo con qualche ora di ritardo, per gli istituti di credito sarebbero stati dolori. Non solo per i minori introiti e per i fastidi legati all'obbligo di modifica delle procedure interne, ma anche perché poi avrebbero rischiato una serie di contenziosi legali, soprattutto con le agguerritissime associazioni dei consumatori. Era quindi vitale che il virus anti-banche e l'antidoto salva-banche arrivassero esattamente allo stesso rintocco d'orologio.
Così è stato, e ora l'Abi può esultare. A inizio mese i vertici dell'Associazione bancaria italiana si erano dimessi proprio per ottenere questo risultato. Dopo qualche settimana, quando ormai si era capito che il pressing sull'Esecutivo aveva dato i suoi frutti, le dimissioni erano state "congelate". C'è da scommettere che non ne sentiremo più parlare.
L'Abi ha espresso "soddisfazione e apprezzamento" per la "sensibilità" dimostrata dalla politica italiana. Secondo l'Associazione, l'eventuale annullamento delle commissioni sulle linee di credito avrebbe causato agli istituti una perdita da 10 miliardi di euro, mettendo a rischio addirittura 80 mila posto di lavoro.
Ricordiamo che a dicembre il sistema bancario italiano ha incassato 116 miliardi di euro dei 489 messi a disposizione dalla Bce nell'ambito dell'operazione Ltro, che garantisce prestiti triennali al tasso ridicolo dell'1%. A febbraio la seconda puntata (Ltro2) ha portato nel nostro Paese altri 139 miliardi, su 529 complessivi. Il tutto con la possibilità per gli istituti di acquistare con quei soldi titoli di Stato e speculare sulla differenza dei rendimenti (oggi il tasso d'interesse sui Btp decennali è superiore al 5%). Ma di questo ovviamente ci siamo già dimenticati. 
Fonte:Nocensura.com

giovedì 29 marzo 2012

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*** LEGGERE QUESTO BREVE ARTICOLO RICHIEDE CIRCA 40 SECONDI: VI CHIEDO PER FAVORE DI SPRECARCELI... ***

In gran silenzio, a inizio anno il governo italiano ha dato due miliardi e mezzo di euro alla potente banca Usa, dove lavora il figlio di Mario Monti.  [vedi http://bit.ly/wbAWmN]


C'è da dire che glieli dovevamo. Però il governo avrebbe potuto pagare in più rate: INOLTRE LO STATO ITALIANO HA DEBITI CON MOLTE AZIENDE ITALIANE - per forniture di merci e/o servizi - per un totale di ben 700 MILIARDI DI EURO. Non era meglio dare la precedenza alle nostre imprese, ad iniziare da quelle in crisi, in modo da permettere loro di "tirare un po' il fiato" ???


La cosa a dir poco ALLUCINANTE è che ci sono aziende in CRISI che aspettano da MESI, in alcuni casi persino da ANNI, ingenti somme di denaro dallo stato. Per esempio, 50.000€:  allo stesso tempo, mediante equitalia, lo stato ne chiede alla stessa azienda 5.000€ con l'aggravio di tutte le spese di mora, notifica, interessi etc; mentre lo stato, insolvente di cifre maggiori, non solo non rimborsa alcun interesse, ma non c'è modo di farsi pagare!!!


Un esempio clamoroso lo trovate qui [http://bit.ly/GTpxz2] - un imprenditore alla quale lo stato italiano deve da ANNI ben 350.000€, e non ha visto ancora 1 centesimo. A causa di questa insolvenza ha PERSO TUTTO. Di questi casi i mass media - guarda caso - non parlano MAI; questa storia ha avuto risalto - SOLO sulla cronaca locale - perché l'uomo, esasperato, ha minacciato di gettarsi da un dirupo, rendendo necessario l'intervento dei Carabinieri: nella zona le voci corrono, ed era inutile cercare di nascondere il fatto. Ma la stampa nazionale, asservita, si guarda bene dal dare risonanza a casi come questo. Cosa che succede anche per i numerosi suicidi causati dalla crisi, ultimamente viene registrato ALMENO un caso al giorno, ma non lo dicono...


Cittadini onesti che si sacrificano e devono subire questi soprusi... costretti a chiudere la propria attività a causa dell'insolvenza di uno stato che mantiene mezzo milione di auto blu, privilegi di ogni sorta e genere a una casta indegna, e poi non onora i propri debiti. Ma se a dovere qualcosa sei tu, allora ti trattano come un criminale... anche se effettivamente non sei in grado di pagare...

PS: SE FATE CONOSCERE QUESTA BREVE STORIA AI VOSTRI AMICI, CONDIVIDENDO L'ARTICOLO CON UN INVITO ALLA LETTURA, VE NE SONO GRATO... LA GENTE DEVE SAPERE, DEVE RIFLETTERE...

grazie
Fonte:
Alessandro Raffa per nocensura.com

martedì 27 marzo 2012

Non siamo pronti professor Monti!!!

Il professor " Marco Polo" Monti ,ha tuonato,oggi da Seul, che se gli italiani non sono pronti, loro i tecnici, potrebbero non restare.Non è chiaro se si tratti di un ricatto o di una promessa,personalmente mi augurerei la seconda ipotesi.
Il nostro povero paese,grazie alla impresentabile riforma sul lavoro partorita in questi giorni,sta per essere svenduto all'estero,offrendo sul mercato lavoratori disponibili ad essere schiavizzati.
Le sue credenziali,egregio prof., sono l'allineamento alla dottrina ed agli accordi insindacabili partoriti dal "the King of the car", al secolo Sergio Marchionne.
 Un'armata di disoccupati senza reddito,destinata a crescere vorticosamente,grazie ai tagli di bilancio,alle crisi delle aziende ed alla riforma degli ammortizzatori sociali a costo zero.
Tutto questo consentirà agli imprenditori,più o meno disinvolti, di espellere arbitrariamente ed insidacabilmente dalle proprie imprese,i lavoratori con il contratto a tempo indeterminato,la qual cosa non significa affatto creare nuove assunzioni, bensì chiudere per sempre le porte ad un altra collocazione!
Se la domanda di lavoro non c’è,è ovvio che non saranno i piani di austerità del suo "governo" e della Bce a crearla, ce lo palesano Grecia e Portogallo, paesi che ci precedono di poco nella marcia verso il fallimento.
 Molti dei giovani  lavoratori precari e discontinui hanno potuto contare fino ad ora sulla casa, sullo stipendio fisso o sulla pensione quale  forma di aiuto da parte dei loro genitori, invece nei prossimi anni saranno proprio questi ultimi, che non potendo godere nè della pensione né del salario, dovranno contare sui redditi occasionali dei loro figli precari per poter sopravvivere.
Caro Prof.,francamente avrei preferito o sperato che lei fosse partito per l'oriente per un viaggio di conquista e non per proporre i saldi della  nostra nazione e del suo popolo.
Ha ragione lei,per questo non siamo ancora pronti,se ne vada!!!

lunedì 26 marzo 2012

Benzina pazza ci cambia la vita...Verde a 1,99 euro.. ASSURDO!


Come mio solito fare, la mattina giro nel web per cercare qualche notizia interessante e per restare informato. Di solito la mia attenzione e' rivolta ai politici e alle loro "marachelle" ma oggi no! Oggi ho trovato interessante parlarvi di una cosa direi al dir poco indispensabile, l'oro nero, in questo caso verde. LA BENZINA!

Aumenti costanti sia per la benzina che per il diesel, arrivate venerdì rispettivamente a 1.192 e 1.059 dollari/tonnellata. Sulla rete italiana si registra un aggiustamento al rialzo di Totalerg sulla verde di 0,3 cent euro/litro e sul Gpl di 0,5. Ma i prezzi praticati sul territorio salgono ancora per tenere conto degli ultimi aumenti e le punte arrivano adesso a 1,993 euro/litro per la benzina (Marche), 1,833 per il diesel e 0,910 per il Gpl (entrambi al sud).
E' quanto emerge dal monitoraggio di Quotidianoenergia in un campione di stazioni di servizio che rappresenta la situazione nazionale per check-up prezzi.

A livello paese, il prezzo medio praticato della benzina (in modalità servito) va dall'1,870 euro/litro di Esso e Q8 all'1,879 di Totalerg (no-logo in salita a 1,802). Per il diesel si passa dall'1,775 euro/litro di Ip all'1,782 di Totalerg (no-logo a 1,672). Il Gpl, infine, è tra 0,870 euro/litro di tamoil e 0,881 eni (no-logo a 0,829).

Fonte per i dati: Repubblica.it

Disagi continui per i consumatori, ragionando in lire, verrebbe quasi un collasso, un litro di benzina 4000lire??? Ma che siamo pazzi, poi si lamentano se la gente va a protestare e si incazza? Crisi totale a causa degli aumenti benzina, Direte voi, ci sono i mezzi pubblici, ebbene, l'Italia con tutto che possiede la piu' grande azienda che produce autobus (irisbus Iveco, che per altro e' sull'orlo della chiusura per mancanza di commesse e questo dice tutto) e' il paese fanalino di coda dell'europa per servizi di trasporto pubblico. 
 
Ma non solo grandi cose, la nostra vita e' condizionata anche da piccolezze, ecco cosa ho trovato su repubblica.it ...
Solo il 29% degli italiani partirà per le vacanze di Pasqua. A rivelarlo un'indagine dell'Adoc. Tra chi parte, il 56% resterà fuori solo una notte. Ad incidere fortemente sui desideri di vacanza il caro carburanti (+14 euro a pieno rispetto al 2011). "Circa 7 italiani su 10 - dichiara Carlo Pileri, presidente dell'Adoc - rimarranno a casa per le vacanze di Pasqua, a pesare sono il caro carburanti e i rincari per servizi e ristorazione. La crisi ha messo in ginocchio le famiglie, basti pensare che tra i partenti ben il 56% starà fuori solo una notte, mentre il 26% farà solo una gita di un giorno, soprattutto a Pasquetta, quando a muoversi sarà il 41% degli italiani. Solo il 4% dei partenti, invece, potrà permettersi di dormire fuori tre notti.

In merito al budget per le vacanze, il 36% dei partenti spenderà meno di 200 euro, mentre solo il 19% potrà permettersi di spendere più di 400 euro"."Non ci sorprende - prosegue il presidente dell'Adoc - che si preferisca la vacanza breve, il carovita e la perdita del potere d'acquisto impongono la riduzione dei giorni a disposizione per svagarsi. Ad incidere profondamente sulle decisioni dei consumatori è il caro carburanti, rispetto alla scorsa Pasqua si spendono 14 euro in più per un pieno di benzina, un rincaro pari al 18%. Secondo lo studio dell'Adoc l'Italia continua ad essere la meta preferita, con il 62% delle preferenze, ma salgono le quotazioni per le mete estere, destinazione scelta dal 38% dei partenti.
Solo il 4% dei viaggiatori alloggerà per 3 o più notti fuori casa, nessuna notte fuori per il 26% degli italiani. Il locale preferito per festeggiare è l'agriturismo, che vede crescere del 3% la clientela rispetto allo scorso anno. In crescita del 7% anche gli italiani che scelgono il pranzo al sacco, la soluzione più economica, mentre calano del 10% le presenze nei ristoranti". (fonte dati: Repubblica.it)

Daniele Angelino per DEMOCRATIC BLOG!

domenica 25 marzo 2012

Fisco: a marzo buste paga e pensioni più leggere. A giugno il salasso con l'Imu

Brutte sorprese in busta paga per dipendenti e pensionati: l'assegno di marzo, che arriverà come da tradizione il 27 (martedì) sarà più leggero. Se non bastassero infatti i continui aumenti dei prezzi cui far fronte, guidati dall'impennata dei prezzi della benzina (che ormai viaggia inesorabilmente verso i 2 euro al litro) i cittadini dovranno fare i conti anche con lo sblocco delle addizionali regionali e comunali. A fare i conti in tasca a questo nuovo aumento del prelievo é il Caf-Cisl nazionale. Ecco cosa emerge:
Irpef regionale: stangatina per tutti - L'aumento del prelievo scatterà per tutti sulle addizionali regionali e sarà dello 0,33%, con un effetto che varierà dai 51 euro per un salario da 1.200 euro mese ai 137 per uno stipendio da 3.200 euro per l'Irpef Regionale. Pagheranno invece 73 euro i contribuenti con 1.700 euro di stipendio e 94 euro quelli che con una busta paga mensile di 2.200 euro.
L'incognita dell'Irpef comunale - C'é però l'incognita Irpef Comunale. L'aumento in questo caso va deciso dalle singole amministrazioni comunali che, se non lo hanno ancora deliberato, farà scattare l'eventuale aumento solo dopo. Qualche Comune ha però già deciso di utilizzare questa leva per aumentare i propri introiti tanto che, in questo caso, l'impatto annuale sulle buste paga potrà salire - è il caso di Chieti - fino a a 193 euro.
Sono pochi i comuni cha hanno già deliberato - Fortunatamente i Comuni che hanno deliberato aumenti allo stato non sono molti. La manovra di Ferragosto firmata Tremonti-Berlusconi ha riconosciuto ai Comuni la possibilità di deliberare, a partire dal 2012, aumenti dell'addizionale comunale fino a raggiungere un'aliquota massima complessiva pari allo 0,8%, possibilità che era stata 'congelata' nel 2008 dallo stesso Tremonti. Ma nei casi in cui l'aumento sia già stato deliberato il conto arriverà martedì prossimo (altrimenti scatterà successivamente): si andrà, ad esempio, da un aumento (comunale) di 47 euro a Catanzaro (+51 euro per l'addizionale regionale, in tutto 98 euro in più) per un pensionato o lavoratore dipendente con 1.200 euro mensili (lordi) fino ad arrivare ai 193 euro di un pensionato/dipendente con 3.200 euro lordi mensili di Chieti (+137 euro di addizionale regionale e 56 euro per quella comunale). Insomma non un vero e proprio salasso ma una mini-stangata che si aggiungerà a tutte le altre in attesa del temuto arrivo dell'Imu a giugno e del 'temutissimo' rincaro di 2 punti delle aliquota Iva da ottobre prossimo, anche se in quest'ultimo caso il Governo sembra stia cercando vie alternative.
Niente prelievo per i redditi molto bassi - Ad essere salvaguardati saranno solo i pensionati e i dipendenti con i redditi più bassi, che hanno redditi talmente sottili non dover pagare nemmeno l'Irpef principale. In particolare non dovranno alcuna addizionale i pensionati fino a 75 anni che guadagnano fino a 7.535 euro l'anno e quelli oltre 75 anni che guadagnano fino a 7.785 euro. I lavoratori, invece, saranno esenti fino a 8.030 euro.
In arrivo anche il salasso per l'Imu e Iva - Ma il vero salasso per le tasche degli italiani arriverà a giugno con l'Imu. La nuova imposta municipale è una nuova Ici che si pagherà anche sulle prime case e che sarà ancora più alta sulle seconde. La chiamata alla cassa, per il debutto di questa nuova tassa, è per il 20 di giugno. Ad ottobre, poi, è in arrivo l'aumento dell'Iva dal 21 al 23%. Introdotto come norma di "salvaguardia" per raggiungere il pareggio di bilancio potrà essere sostituito da altre fonti di entrata come la riduzione delle agevolazioni o il taglio delle spese con la spending review.
 
Fonte:Tiscali.it

sabato 24 marzo 2012

Suicida imprenditore nel pescarese Rovinato dai debiti, si è impiccato

Il corpo di E.F., 44 anni, appeso a una trave nei locali della sua fabbrica di infissi a Cepagatti, è stato scoperto dagli operai stamattina, dopo l'apertura dei cancelli. Gli inquirenti hanno accertato che era in difficoltà economiche. Lascia una compagna e un figlio piccolo

PESCARA - La crisi continua a uccidere. Perché è la crisi a guidare la mano di quanti, non riuscendo più a onorare i debiti, decidono di farla finita. L'ultimo caso a Cepagatti, in provincia di Pescara, dove gli operai di una fabbrica di infissi hanno rinvenuto il corpo senza vita del loro datore di lavoro. E.F, 44 anni, titolare dell'azienda con un socio, lascia una compagna e un figlio piccolo. La salma è stata già restituita alla famiglia.

Oppresso dai debiti, ha agito all'alba di questa mattina: si è impiccato legando una corda a una trave nei locali dell'azienda che con sacrifici aveva messo su da diversi anni. Una decisione senza ritorno, maturata probabilmente da tempo. I carabinieri di Pescara, diretti dal capitano Claudio Scarponi, hanno appurato, anche dalle testimonianze dei dipendenti, che l'imprenditore negli ultimi tempi era preoccupato e depresso proprio per le difficoltà economiche.

La dinamica della tragedia è stata ricostruita dai carabinieri della Stazione di Cepagatti e dalla Compagnia del capoluogo. Drammatico il racconto del ritrovamento fatto agli inquirenti. Alle 7.45, all'apertura dei cancelli, gli operai, una mezza dozzina, sono entrati in fabbrica e hanno visto il cadavere dell'imprenditore penzolare da un'altezza di pochi metri. Evidentemente scossi, hanno lanciato l'allarme, ma non c'è stato nulla da fare. Il medico legale ha certificato il decesso dell'uomo per soffocamento.

"Profondo cordoglio" alla famiglia dell'imprenditore è stato espresso dal sindaco di Cepagatti, Francesco Cola, a nome suo e dell'amministrazione. "Non lo conoscevo di persona, ma posso dire che la sua fama era quella di un gran lavoratore e una bravissima persona. Un lavoro eccellente lo aveva realizzato a Cepagatti con l'esposizione dei prodotti della sua azienda chietina: in un capannone industriale preso in affitto e in stato di abbandono prima del suo arrivo".

Un suicidio non nuovo nelle sue modalità. Così, impiccandosi a una trave all'interno della sua azienda, si è ucciso il 27 febbraio scorso un imprenditore 64enne in un paese sulle colline nei dintorni di Firenze, trovato senza vita dai familiari. Vicino al corpo un biglietto per spiegare la disperazione per le difficoltà economiche, anche se l'azienda fatturava due milioni di euro.

A inizio febbraio ancora un imprenditore impiccato in un capannone della sua ditta a Paternò, in provincia di Catania. L'uomo, 57 anni, sposato e padre di due figli, non ha retto alla pressione dei debiti. La sua azienda si occupava della costruzione di macchine per l'agricoltura.

Aveva invece denunciato i suoi aguzzini 1Alessandro Losciale, l'imprenditore di 49 anni che si è tolto la vita il 30 dicembre scorso a Trani, in provincia di Bari, lasciando scritto in un biglietto che non riusciva neanche più a portare il pane a casa. L'uomo si è impiccato in un box che utilizzava come deposito, indotto al suicidioda una situazione esasperata dall'usura.
Fonte:La Repubbilca.it

Melfi, la sentenza: i tre operai della Fiat licenziati “per liberarsi dei sindacalisti”

Per i giudici del lavoro della Corte d'Appello di Potenza, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli non hanno bloccato volontariamente la produzione e non hanno compiuto alcun grave atto di insubordinazione e di sfida, andando quindi oltre i limiti del diritto di sciopero

I tre operai della Fiat di Melfi licenziati insieme a Maurizio Landini
Quei licenziamenti rappresentano “nulla più che misure adottate” dalla Fiat “per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo” nello stabilimento di Melfi (Potenza): lascia spazio a poche interpretazioni la convinzione a cui giungono i giudici del lavoro della Corte d’Appello di Potenza nelle motivazioni della sentenza letta lo scorso 23 febbraio.

Un mese fa la Corte decise di reintegrare Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i tre operai licenziati nel 2010 perché, secondo la Fiat, nella notte tra il 6 e il 7 luglio di quell’anno avrebbero bloccato volontariamente la produzione, con un grave atto di insubordinazione e di sfida, andando quindi oltre i limiti del diritto di sciopero. I giudici hanno ricostruito minuziosamente, nelle 67 pagine delle motivazioni, quanto accaduto quella notte, ribaltando il quadro ipotizzato dal Lingotto (e confermato in primo grado). La vicenda parte da una protesta interna: tra l’1 e le 2 di notte gli operai organizzano una manifestazione e, contestualmente, si bloccano i carrelli che riforniscono le linee di produzione. Da questo punto in poi, la storia viene letta in chiave diversa dalla Fiom (due degli operai erano all’epoca delegati sindacali) e dall’azienda: per il sindacato non c’è responsabilità soggettiva ma esercizio del diritto di sciopero. Per la Fiat c’è invece un gesto di sfida e un grave “stop” alla produzione, insomma sabotaggio.

Per i giudici, prima di tutto, non c’è stato nessun danno alla capacità produttiva dello stabilimento ma, soprattutto, non è stato infranto il divieto di “ledere la capacità del datore di riprendere l’attività dopo lo sciopero”. Davanti a quei carrelli, poi, non avrebbero sostato solo i tre operai licenziati, ma anche altre tute blu alle quali, sostiene la Corte d’Appello potentina, “la Fiat non ha contestato nulla”. Sempre davanti ai carrelli sarebbe anche avvenuto uno scambio di battute tra gli operai e il responsabile della linea produttiva: in base alla ricostruzione dei giudici, quest’ultimo si è però riferito immediatamente solo a Barozzino e Lamorte (i due delegati) e poi a Pignatelli (che secondo molti colleghi non aveva nessuna “parte da protagonista” in quelle ore) con un “atteggiamento provocatorio”, a cui i tre hanno risposto “con un malgoverno delle espressioni verbali”: ma “è arduo sostenere che dietro a quelle braccia conserte vi potesse essere un atteggiamento di sfida”.

Nelle motivazioni si fa riferimento anche a un clima di antagonismo nei rapporti sindacali, a cui si aggiunge anche la divisione tra le diverse sigle in riferimento alla vicenda contrattuale di Pomigliano: nonostante ciò, i giudici ricordano però che “l’atteggiamento provocatorio” del responsabile della linea di produzione è riportato anche “in un documento unitario da tutta la Rsu nell’immediatezza dei fatti”. Dal quadro complessivo, quindi, per la Corte i licenziamenti sono stati un mezzo adottato dalla Fiat “per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo”. I tre operai, anche dopo la sentenza, non hanno ancora fatto ritorno in fabbrica perché l’azienda ha comunicato loro che “non intende avvalersi delle prestazioni lavorative”: stipendio garantito, ma lontano dalle linee produttive.
Fonte.Il Fatto Quotidiano.it

Liberiamo gli anni 70




Liberiamo gli anni 70

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E' bastato l’annuncio della “messa all’asta” di un volantino delle Brigate Rosse, nell’anniversario del rapimento di Aldo Moro, a far gridare a giornalisti e ai solititi politici il pericolo del ritorno al terrorismo in Italia, soprattutto in questa fase di crisi sociale.

di Italo Di Sabato
Scontri_di_piazza_anni_70Questo coro infame e strumentale ha lo scopo di rovesciare integralmente il senso e la realtà della storia di questo paese.
Allora è necessario occuparsi di aggettivi: Terrorista è il bombardamento aereo di una città. Non ha altro scopo fuori di quello di procurare strage a casaccio e seminare terrore tra indifesi e inermi. Il terrorismo comincia a Guernica nel 1937, sotto le bombe sganciate dalle ondate di attacchi della divisione Condor della Luftwaffe sopra un obiettivo civile che non aveva nulla di strategico, in un giorno di mercato. Rispetto a questo terrorismo, tutto quello che va sotto questo nome è sfumatura.
In Italia c'è stato il terrorismo ed è stato di Stato. E' stato di Stato: uno stato al quadrato. Alimentato da apparati interni alle pubbliche istituzioni, con esplosivo scoppiato sui treni, in piazze, dentro le banche: è rimasto impunito. Consiglio perciò questa facile distinzione: considerate terroristi gli impuniti di strage. La loro impunità garantisce l'aggettivo.
Un paese con interi apparati statali compromessi con lo stragismo (e che sono stati compromessi non lo dico io: lo ha affermato un ministro degli Interni democristiano dei tempi come Paolo Emilio Taviani, tra i fondatori di Gladio), dentro un sistema capitalistico di intenso sfruttamento e di stragi sul lavoro. Rappresentanti politici di governo, uomini di partito che hanno alimentato la strategia della tensione, che hanno tramato per costruire svolte autoritarie e golpiste in Italia, dalla Rosa dei venti alla P2, che in alcuni momenti della storia di questo paese sono state preponderanti. E anche chi non era in quella cabina di regia, ne è stato in molti tratti complice omertoso, per realismo politico e fedeltà al “sistema” se non per convinzione. Uomini e apparati che hanno gestito i risvolti sporchi della guerra fredda e il volto opaco della democrazia italiana. Non bisogna dimenticare che tutti gli allora responsabili dei servizi segreti, i vertici dei carabinieri, numerosi alti funzionari della polizia, magistrati, autorevoli esponenti di partito erano attivi nella loggia P2.
Giovanni Pellegrino – che nella seconda metà degli anni '90 è stato presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi e sul terrorismo – ha cosi scritto: “ Nel periodo 1968-1974 settori del mondo politico, apparati istituzionali, gruppi e movimenti della destra radicale hanno elaborato e posto in essere una strategia della tensione [...]; a tale strategia sono attribuibili tentativi di colpo di Stato [...] tre grandi stragi impunite nel periodo 1969-1974 [...] gli apparati di intelligence e di sicurezza, anche dopo il 1974, furono autori di attività di depistaggio e di copertura nei confronti di elementi della destra radicale individuati come possibili autori di fatti di strage”.
E' questa una verità documentata negli atti parlamentari e che ha portato lo stesso Giovanni Pellegrino a dichiarare: “ La Commissione stragi deve avere il coraggio di dire agli italiani in forma ufficiale che le cose sono andate cosi: eravamo un Paese dove si è combattuta per molti anni una guerra, a bassa intensità, ma una guerra c'era” E ancora: “ In tutti i capoluoghi di regione, in uffici privati, erano dislocate tra il 1950 e il 1984 strutture miste di polizia da cui dipendevano dei civili, per lo più infiltrati, che operavano alla dipendenza diretta dell'Ufficio di sicurezza del Ministero dell'Interno e da quello che ne rappresentava il cuore e cioè l'Ufficio affari riservati. Queste strutture periferiche “parallele” raccoglievano notizie, infiltravano gruppi estremistici, operavano autonome indagini rispetto all'attività giudiziaria ufficiale[1]
Una “guerra” che ha prodotto 147 vittime e 690 feriti per le bombe stragiste e 414 dimostranti uccisi dalle forze dell'ordine dal dopoguerra al 1980.
E' questa una storia d'Italia, rimasta sepolta nelle montagne di carte e documenti e nei tanti “armadi della vergogna” che trova nell'assoluta continuità degli apparati statali e polizieschi dell'Italia repubblicana con quelli del fascismo. Basti pensare che ancora nel 1960, 62 dei 64 prefetti di prima classe provenivano dai ranghi dell'amministrazione dello Stato nel regime mussoliniano E cosi pure tutti i 241 viceprefetti, i 135 questori e i 139 vicequestori. [2]
Paradigmatica di questa continuità è la figura di Marcello Guida, questore a Milano: città cardine e laboratorio privilegiato di quella strategia nel periodo della strage di Piazza Fontana e della morte dell'anarchico Giuseppe Pinelli, avvenuta nei locali della questura dove era sottoposto a interrogatorio. Laboratorio anche dei pervicaci depistaggi delle indagini e delle coperture e impunità assicurate ai gruppi eversivi e terroristi della destra. Marcello Guida, funzionario della Stato fascista, era stato direttore del carcere-confino di Ventotene, dove erano rinchiusi militanti e dirigenti dell'opposizione al regime, comprese figure di riferimento del PCI, PSI. Tra di loro anche Sandro Pertini, che secondo alcuni nel giorno dei funerali delle vittime della strage di piazza fontana rifiutò di stringere la mano all'ex direttore del carcere-confino.
Quella della strategia della tensione è una storia parallela e nascosta, che è ormai trascorsa senza lasciare alcuna traccia nella pubblica opinione e nella società civile – e lasciandone invece di inevitabili e persistenti, in termini di continuità fisiche e culturali e di vincoli omertosi negli apparati statali – ma che pure dovrebbero porre qualche riflessione in più su quegli anni, sullo Stato democratico e sulle risposte che poi date al fenomeno della lotta armata.
Lo Stato ha vinto, quello che Pellegrino ha chiamato, la “guerra civile” con le organizzazioni armate, ma i vincitori hanno pervicacemente negato, negli anni,alle insorgenze armate, ogni radice sociale e politica, ogni motivazione di reazione ai profondi deficit di democrazia e di giustizia sociale di cui è stata intessuta la storia italiana del dopoguerra, con la particolare accentuazione del crinale tra gli anni '60 e '70, con la strategia della tensione e le stragi. Sconfitte quelle insorgenze, processati  e schiacciati da un destino di carcere si è consegnata alla storia e alle nuove generazioni una lettura e un giudizio di quei fenomeni come puramente criminali o, addirittura, psicopatologici. Ma dovrebbero bastare le cifre a svelare quanto si sia piuttosto trattato di un ampio fenomeno di radicalità sociale: 40.000 denunciati, 20.000 “passati” dalle carceri, 4.200 condannati, spesso senza nessuna garanzia del diritto di difendersi. Dietro queste aride cifre, le “carceri speciali”, la tortura, l'isolamento, la parte migliore di due generazioni ricondotta all'esilio, o “restituita” alla società dopo essere stata umiliata nella sua identità.
La storia degli anni ’70 non si può ridurre al peso della scelta strategica dell’uso della violenza da parte di alcuni gruppo. Si tratta di capire le ragioni profonde che hanno favorito quella parte di consenso raccolto dentro la società della minoranza armata. L’Italia è l’unico paese europeo in cui si è verificato un periodo cosi lungo di conflitto violento e con dimensioni sociali cosi ampie.
Negli ultimi 20 anni c'è stata una enorme maturazione e trasformazione dei movimenti sociali e antagonisti, con un abbandono generalizzato delle pratiche violente e un trasferimento dello scontro sul piano simbolico o su quello della disobbedienza di massa. Dall'altra parte, lo Stato ha continuato con le armi della repressione e della legislazione emergenziale.
Dalle giornate di Genova 2001 all’occupazione militare in Val Susa e con le numerose cariche gratuite contro ogni genere di manifestazione e vertenza sociale e territoriale, dalle persecuzioni e umiliazioni dei migranti, al ricatto imposto ai lavoratori, al ricorso alla violenza fisica. Per non parlare di Stefano Cucchi, Aldo Bianzino,  Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi e tanti altri usciti malconci dalle mani delle forze dell'ordine. Depistaggi, insabbiamenti, promozione dei responsabili sono state le risposte ottenute dai cittadini, senza parlare poi dei 15 mila denunciati per le lotte sociali dal G8 di Genova ad oggi. Una ulteriore dimostrazione di come lo Stato cerca scientificamente di trasformare le lotte politiche e sociali in azioni puramente delinquenziali.
Coloro che hanno in mano le redini sociali e di garanzia dello Stato, hanno dimostrato e dimostrano coi fatti, che della democrazia,  dei diritti dei cittadini se ne infischiano.
Oggi seminare la paura e l’odio, dentro la crisi, verso i “diversi” è diventato normale: gli extracomunitari, i rom e i gli altri dannati della terra sono eternamente sotto accusa. In Italia dalla strategia della tensione tramite le bombe del ’69 si è passati alla strategia della paura e dell’insicurezza tramite i mass media sempre più irresponsabili, come se gli stupratori, i rapitori di bambini, i terroristi non più “rossi” ma islamisti, i rapinatori di tabaccherie e gioiellerie e altri barbari di vario tipo stiano in agguato dietro ogni angolo non appena usciamo di casa. Si tratta di una variabile rozza del classico “Divide et impera”. Ora non sono più i cosacchi, ma i musulmani, i palestinesi, gli arabi i rom, gli “antagonisti” e i “no Tav”che stanno per abbeverare i loro cavalli in piazza S. Pietro…. E’ il nostro nuovo modo di dirottare su capri espiatori di comodo e impossibilitati a difendersi la paura e l’insicurezza che nascono dalla mancanza, dalla perdita o dall’incertezza del posto di lavoro, dalla crisi del sistema produttivo più forte e minacciosa del solito, dal pericolo di “deriva argentina” dell’Italia. La strategia e l’uso del capro espiatorio è vecchia più del cucco, ma ha sempre funzionato. La gestione del potere costituito e di quello arrembante per perpetuarsi, per poter fare e giustificare le guerre, ha bisogno di costruire società percorse dalla paura e dalle paure. Che portano immancabilmente alla costruzione del capro espiatorio di turno, per scoprire solo dopo che si trattava di un nemico è fasullo. Si tratta di una strategia che oggi serve a Monti e Napolitano per distogliere l’attenzione dalla crisi epocale in atto, nascondere le cause della crisi e poter eventualmente reprimere meglio le possibili rivendicazioni e lotte sociali.
Ma si tratta anche di una strategia che serve anche a ciò che resta della sinistra per poter in qualche modo mettere una pezza alla sua mancanza di programmi, analisi e idee adeguate ai tempi. Quando non si sa più dove portare il gregge e su quali pascoli continuare a farlo ingrassare, è sicuro che il gregge inizia a sfaldarsi: nulla di meglio, per ricompattarlo e governarlo, della paura tramite i cani pastore che abbaiano, ringhiano, mostrano i denti e se necessario azzannano….. Dopo che la sinistra ha gridato “Al ladro, al ladro!” per l’intera stagione di Mani Pulite, ecco che con il governo Monti si è passati al grido di “Al lupo, al lupo!”: i lupi ora sono i No Tav, gli “antagonisti dei centri sociali”, gli operai e i migranti e chi paga la crisi sulla propria pelle.
L’insegnamento che ho preso studiando il fenomeno della lotta armata in Italia è che non bisogna quasi mai credere ai mass media, specie alla tv. Bisogna rimanere critici e avere una propria visione critica del mondo, sapersela costruire: oggi tramite Internet e le tv satellitari si possono mettere a confronto le notizie e i giornalismi, il mondo dell’online permette di fornire e veicolare informazioni e giornalismi diversi dalla voce del padrone e dei padroni. Purtroppo i mentitori e i servi sciocchi molto prezzolati non pagano mai il fio delle loro menzogne.
L’informazione, o meglio il controllo sull’informazione, è una merce più preziosa dell’oro, sia di quello giallo che di quello nero, vale a dire del petrolio in nome del quale si sono combattute, si combattono e si combatteranno ancora guerre rovinose.
[1] Giovanni Fasanella, Claudio Sestieri con Giovanni Pellegrino, Segreti di Stato, la verità da Gladio al caso Moro, Einaudi 2000

[2] Gianni Cipriani, Lo Stato invisibile – Storia dello spionaggio in Italia dal dopoguerra 
 ad oggi, Sperling & Kupfer  Edizioni 2000
Fonte L'Ifiltrato.it

L’anima nera dei ragazzi della Roma bene


L’anima nera dei ragazzi della Roma bene
L’abbigliamento e l’atteggiamento sono sempre gli stessi: capelli rasati, anfibi, caschi neri, cinghie in mano, mazze e bastoni. Facce da ragazzini della media borghesia, modi da bulli, anzi da “coatti” di estrema periferia. Girano in bande più o meno organizzate, se la prendono con i rivali, gli “antifà”, ma anche con chi osa disturbare la quiete di un quartiere considerato di loro proprietà. Non guardano in faccia nessuno e picchiano, con le spranghe e coi caschi. Provocano ecchimosi e contusioni, rompono setti nasali e, se qualcuno non li ferma, sono in grado di mandare la gente in coma. Sono il nuovo volto dell’estrema destra romana, gruppi in parte riconducibili a movimenti organizzati. Sono nelle scuole. Quelle considerate “buone” nei quartieri della Roma bene, il Kennedy, il Giulio Cesare, il Tasso, il Righi.

L’episodio accaduto venerdì scorso in quest’ultimo istituto, dove due studenti sono finiti in ospedale col naso rotto dopo un’aggressione (o una rissa, le indagini sono ancora in corso) ad opera di militanti di ControTempo, è solo l’ultimo di una scia di violenze che nessuno pare voler contrastare. ControTempo è un movimento nato un anno fa, e non ancora registrato, che conta una cinquantina di aderenti, in gran parte liceali, che si ispirano alla “sovranità nazionale d’annunziana, ai moti risorgimentali e a Roma, dove sono nati i diritti”, spiega uno dei leader “anziani”.

Senza voler tornare con la memoria al giugno 2009, quando (come il Fatto ha raccontato) durante un’irruzione squadrista alla Camilluccia era presente come testimone anche il figlio del sindaco Alemanno, eletto nel Blocco Studentesco di CasaPound, basta scorgere gli archivi dell’ultimo anno per capire quanto le bande dilaghino senza che nessuno, nè la polizia né la politica, faccia nulla per fermarle.

Il 26 aprile 2011 un gruppo di una quindicina di appartenenti ai collettivi è stato aggredito a Talenti, in quella che è sembrata una spedizione punitiva. Qualche giorno più tardi, l’8 maggio, su un muro di piazzale degli Eroi e sulle saracinesche del Pdci sono apparsi svastiche e striscioni “realizzati con il retro di manifesti di Forza Nuova”, hanno detto i militanti del partito. Il 7 giugno i carabinieri hanno arrestato il 26enne Stefano Schiavulli, leader di Militia, con le accuse di sequestro di persona, rapina e lesioni. L’anno prima era già stato arrestato perché indagato, insieme con altri tre esponenti dell’organizzazione, per apologia del fascismo, diffusione di idee fondate sull’odio razziale ed etnico e violazione della Legge Mancino. Il 26 giugno 2011 Roma si è svegliata con un altro incubo: il giovane musicista Alberto Bonanni era stato aggredito e pestato a sangue la sera prima nel rione Monti da un “branco” che voleva marcare il proprio territorio. Cinque gli arresti, ragazzi “difficili” li hanno definiti. Sulle loro pagine Facebook saluti romani e fede giallorossa, in un binomio che confonde l’ideologia con lo squadrismo da stadio. Alberto è ancora in coma. Il 3 novembre cinque militanti del Pd sono stati aggrediti mentre affiggevano dei manifesti in via dei Prati Fiscali, zona nord di Roma. Per quel pestaggio è finito in carcere Andrea Palladino, dirigente di CasaPound, per il quale il pm Minisci ha chiesto il rito immediato: lesioni personali aggravate, violenza privata e porto d’arma impropria i capi d’imputazione. Il 12 novembre teatro di una spedizione punitiva è stato il liceo Socrate alla Garbatella. Ci avevano già provato una settimana prima, fermandosi però all’angolo con caschi e cinture in mano. Il 14 dicembre i carabinieri hanno eseguito cinque arresti e una decina di perquisizioni contro esponenti di Militia accusati di azioni contro la comunità ebraica. Ostia è stata invece il teatro di una ma-xi rissa tra centri sociali e CasaPound il 24 febbraio: bastoni e manganelli, tre feriti e 24 fermati, 17 dei collettivi e 7 dell’organizzazione che fa capo a Gianluca Iannone. Un’organizzazione che ogni volta si dice estranea ai fatti.

“Un augurio sincero a tutti i camerati che ancora credono, soffrono e combattono silenziosamente nelle sezioni, nelle piazze, nelle lunghe notti fra l’odore della colla o dentro le celle fredde delle patrie galere, ai camerati che sono morti per l’idea e ancora marciano con noi”. Così scrive sulla sua pagina Facebook Lotta Studentesca, il gruppo giovanile di Forza Nuova.
di Silvia D'Onghia
Fonte:il Fatto Quotidiano

venerdì 23 marzo 2012

Fornero, gioco delle tre carte contro i lavoratori

Maurizio Zipponi
Il gioco delle tre carte della ministra Fornero non riesce a mascherare una realtà evidente: il governo cerca ancora una volta di fare le nozze con i fichi secchi. Non avendo il coraggio né la volontà di toccare le aree sociali privilegiate, non ha i fondi necessari per coprire una riforma seria degli ammortizzatori sociali: quella che sarebbe davvero necessaria e che offrirebbe qualche copertura e qualche garanzia anche ai giovani precari che oggi ne sono del tutto sprovvisti.
La riforma degli ammortizzatori sociali disegnata dalla ministra Fornero, invece, si limita a raggruppare quelli già esistenti, senza aggiungere niente. Nemmeno un lavoratore in tutta Italia otterrà, grazie a questa riforma, una copertura che prima non aveva. L’intervento sulla cassa integrazione, in compenso, avrà conseguenze tragiche per decine di lavoratori. Come condizione per continuare a erogare la cassa integrazione straordinaria il governo pone infatti una classica condizione impossibile. Vuole che le aziende in crisi dicano in partenza se alla fine del percorso ci sarà il risanamento o la chiusura.
Avanzare una simile richiesta è solo un modo ipocrita per tagliare senza dirlo apertamente la cassa integrazione straordinaria, che attualmente è di due anni in tutto il Paese e di tre anni nel sud.
Si tratta né più né meno che di un incentivo ai licenziamenti di massa. Come se non bastasse, il governo progetta l’eliminazione della mobilità e della cassa integrazione in deroga, sostituendole con l’Assicurazione sociale per l’impiego. E’ un classico gioco di prestigio ai danni dei lavoratori. Quest’ultima coprirebbe infatti un periodo più breve senza ampliare affatto la platea interessata. Riguarderebbe solo coloro che hanno almeno due anni di anzianità assicurativa e 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio, e i giovani precari sarebbero tutti esclusi. Conclusione, se la riforma sarà davvero quella prospettata in questi giorni saranno licenziati 200mila lavoratori senza che ne venga nessun vantaggio per i giovani e per i precari in generale.
Per coprire questo sfacelo, il governo usa il polverone ideologico e propagandistico della riforma dell’articolo 18. Non si ripeterà mai abbastanza che si tratta di un intervento che se da un lato colpisce duramente i residui diritti dei lavoratori, dall’altro non comporta nessunissimo vantaggio per il Paese. Impugnare la necessità di attrarre gli investimenti delle aziende straniere è una goffa e clamorosa bugia. Se quegli investimenti non arrivano è per tre motivi che con l’articolo 18 non hanno niente a che spartire: la corruzione, la tassazione smodata del lavoro e le intollerabili lungaggini burocratiche.
Non è affatto vero, infine, che a queste misure, tanto feroci quanto inutili, non ci sia purtroppo alternativa.
Italia dei Valori ha già indicato un indirizzo concreto e non ideologico che permetterebbe di avviare una riforma degli ammortizzatori sociali capace di rispondere alle esigenze drammatiche dei giovani precari. Bisogna assolutamente coprire i buchi sia retributivi che contributivi: senza una misura del genere non si uscirà mai dalla condizione di insicurezza permanente, per il lavoro oggi e per la pensione domani, che impedisce ai giovani di progettare un futuro dignitoso. I fondi necessari, a nostro parere, devono essere trovati in prospettiva dalla lotta all’evasione contributiva, nella misura di 25 miliardi di euro. Nel frattempo, prima che questo introito entri a regime, possono essere usati a questo scopo i 5 miliardi di utili annui dell’Inps.
Mettere in campo proposte e strategie alternative pone però un problema di ordine più generale e forse ancor più urgente: l’assenza di un processo democratico di assunzione delle decisioni.
Una riforma che tocca direttamente la vita di milioni e milioni di persone viene decisa senza nemmeno considerare l’ipotesi di consultare i diretti interessati.
Ancora una volta i lavoratori si troveranno servito il piattino avvelenato senza poter intervenire in alcun modo, senza il diritto di approvare o respingere misure decise tutte sulla loro pelle.
La legge proposta dall’Italia dei Valori con l’obiettivo di permettere ai lavoratori di approvare o bocciare col voto i contratti e le scelte che li riguardano non serve dunque “solo” a ripristinare nei luoghi di lavoro dinamiche democratiche che oggi sono di fatto disattese in moltissime aziende a partire dalla Fiat. E’ anche la via maestra per restituire ai lavoratori la possibilità di intervenire sulla gestione di una crisi dalla quale il governo li vuol completamente tagliare fuori anche se sono proprio loro, più di chiunque altro, a pagarne i prezzi.
Articolo pubblicato sul settimanale Gli Altri del 23 marzo 2012
Fonte:Italia dei Valori.it

Torturato dai carabinieri per 4 ore, 13 militari indagati

Una tortura in piena regola compiuta da uomini in divisa, gente che si eccita semplicemente sfiorando una pistola o accarezzando un manganello.

 

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Trapani – Un uomo denuncia di essere stato vittima dell’assurda violenza da parte di un gruppo di carabinieri. Il fatto è accaduto a Pantelleria, nel trapanese e risale al luglio del 2011. A riportare la notizia è Affaritaliani che ha raccolto la diretta testimonianza della vittima. L’uomo, 42 anni, stava facendo ritorno a casa insieme a due amici quando, viene fermato da una pattuglia dei carabinieri per un controllo. L’uomo aveva bevuto 3 bicchieri di vino e di questo informa i militari. La cosa strana è che l’uomo non viene sottoposto immediatamente ad alcool test. Viene invitato a proseguire con la sua auto per accompagnare a casa le due persone che erano con lui e poi andare in caserma. La prassi sarebbe dovuta essere quella di verificare immediatamente il tasso alcolemico ed, eventualmente, ritirare la patente. I carabinieri, invece, hanno lasciato guidare un uomo potenzialmente ubriaco. Poca cosa se si pensa a quello che, secondo il racconto dell’uomo, sarebbe accaduto di lì a poco in caserma. L’uomo, giunto in caserma, fa l’alcool test. Nota il nervosismo dei militari e prova a stemperare il clima con una battuta “Da domani mi toccherà andare in giro con la bicicletta”. Neanche avesse raccontato una barzelletta sui carabinieri, un maresciallo gli dà uno schiaffo. “Ho capito di essere nei guai, ma purtroppo non potevo fare niente. Quando sei dentro la caserma e sei solo non puoi fare niente. Mi continuavano a ripetere: ‘Qui comandiamo noi, qui non si grida’. Però io non stavo gridando, non ho offeso nessuno. Sembrava già tutto pronto, pareva che le legnate fossero già lì pronte per me”. Poi ancora schiaffi e calci, una tortura in piena regola compiuta da uomini in divisa, gente, evidentemente, che si eccita semplicemente sfiorando una pistola o accarezzando un manganello. Bulletti di periferia in pieno delirio d’onnipotenza. Giunge in caserma uno degli amici che si trovava in auto al momento del controllo. É preoccupato perché non sa più nulla dell’uomo fermato. Viene picchiato anche lui. Dopo essere stato rinchiuso in cella la vittima del pestaggio viene portato in un ufficio per firmare i verbali. Sono le 8 del mattino quando, la presunta vittima esce dalla caserma. Ha dolori e la sera si reca al pronto soccorso. Ha un labbro spaccato e varie echimosi sul corpo. La prognosi è di 7 giorni. Decide di denunciare l’accaduto ma non a Pantelleria, non si fida: “Non potevo farlo a Pantelleria, non mi fidavo più di nessuno. Allora ho deciso di sporgere denuncia alla Procura di Marsala”. Secondo la vittima, il suo non sarebbe un caso isolato: “Pantelleria era terrorizzata dallo stato di polizia che si era venuto a creare. C’erano cinque o sei carabinieri che facevano il bello e il cattivo tempo. La gente quasi non usciva più perché aveva paura e i media locali non parlavano di quello che succedeva. La legge non era uguale per tutti, la legge la facevano loro”. Dopo la denuncia presentata dalla presunta vittima, la Procura di Marsala ha iscritto 13 carabinieri nel registro degli indagati. Cinque di questi sono ritenuti i responsabili materiali dell’aggressione, gli altri sono ritenuti responsabili di omessa denuncia.

Pubbilcato da Vincenzo Borriello
Fonte: NOTIZIE.IT





giovedì 22 marzo 2012

Via libera del Canton Ticino alla sperimentazione del Kinetic Drive Service

Si chiama Leonardo Grieco, è un meccanico di lunga esperienza di Varese, ed ha inventato un sistema per risparmiare benzina, molta benzina. In Italia, benché lui abbia contattato tutte le case automobilistiche dalla più piccola alla Fiat e alla Ferrari, nessuno gli ha dato ascolto. In Svizzera però hanno preso sul serio il sul sistema chiamato Kinetic Drive System che permette alle auto di dimezzare i consumi di carburante, abbattere le emissioni del 60% e allungare la vita del motore di moltissimo, fino all'80% in più. La motorizzazione del Canton Ticino, in 10 giorni, ha dato il via libera a questa invenzione che già oggi può essere montata in diverse officine svizzere a meno di 2mila euro.



Ai non addetti ai lavori, non è facilissimo spiegarne il funzionamento: “Una volta accelerata la massa - dice Leonardo Grieco al Fatto Quotidiano - la macchina resta su un numero di giri ottimale e ad ogni cambio di marcia, grazie a questo sistema si risparmiano 700 giri motore. Infatti, mentre normalmente si scende al minimo di giri, qui si utilizza il motore soltanto quando dà la coppia migliore, fra i 1700 e i 2300 giri. Praticamente a parte lo spunto iniziale, la macchina viaggia quasi sempre a basso regime, basta dare un colpo di gas ogni tanto e ci si mantiene a velocità di crociera. Il pedale della frizione non c’è e per cambiare si usa solo la mano”.


Il signor Grieco ha montato il sistema su una vecchia Skoda 1900 turbo diesel: “Ho già fatto 50 mila chilometri con questa macchina e i risultati sono sorprendenti. Questa auto, che oggi ha 290 mila chilometri, fa abitualmente attorno ai 500 chilometri con un pieno, da quando ho montato il sistema Kds sono stabilmente sopra i mille”. Al signor Grieco dobbiamo credere sulla parola. Oltre ad aver visto la centralina montata e ad aver percepito il suo vibrante entusiasmo, non abbiamo infatti a disposizione elementi empirici sufficienti ad avvalorare la sua scoperta, se non un breve viaggio di prova da cui effettivamente abbiamo potuto constatare che il pedale dell’acceleratore viene usato davvero poco.

Se quanto promesso fosse vero si tratterebbe di una innovazione sensazionale. Con macchine capaci di percorrere normalmente 50 km con un litro. Di questa vicenda colpisce anche un’altra cosa: “Questa scoperta potrebbe valere metà del combustibile mondiale – dice Grieco – ci ho speso dieci anni di lavoro e tentativi. Soldi, tempo e impegno. Nessuno ha però voluto darci retta. Nessuno ha voluto vederlo e capirne il funzionamento. Abbiamo scritto alle case automobilistiche di tutto il pianeta: a Marchionne, a Montezemolo, negli Stati Uniti, in Corea, dappertutto. Abbiamo speso un capitale in lettere e raccomandate. Le risposte che ci sono arrivate sono tutte uguali. Hanno tutte lo stesso desolante tenore, ne ho un cassetto pieno”.

Insomma, Grieco ha scritto e presentato il suo Kds alle principali case automobilistiche che hanno sempre risposto alla stessa maniera: “Ci dispiace tanto, ma la sua invenzione non ci interessa”. Ma l’inventore del Kds non ci sta: “Questi signori dovrebbero scendere dalle loro scrivanie e toccare con mano, sedersi sulla macchina e provarla prima di dire che non gli interessa. Prima provi, studi, poi mi dici che non funziona. Una bocciatura motivata la posso anche accettare. Ma una chiusura a priori no. Nelle cose, per capirle, bisogna metterci il naso”. Dal momento che nessuna casa automobilistica ha creduto nel progetto, Grieco ha stretto un accordo con un’officina elvetica che ha accettato di montare il sistema sulle auto svizzere: “Siamo andati alla motorizzazione del Canton Ticino, hanno provato il sistema, hanno verificato le caste e dopo dieci giorni avevamo in tasca l’autorizzazione a montarla. Una cosa simile in Italia, con tutta la burocrazia, sarebbe impossibile”.

Fonte:Nocensura.com

FIAT- VOLKSWAGEN: LE DIFFERENZE.... [DA CONDIVIDERE OVUNQUE!!!]

Nel giorno in cui Atene incassa la prima tranche di 7,5 miliardi del secondo prestito internazionale da 130 miliardi, la Grecia mette ufficialmente in vendita una parte dell’isola di Rodi. L’Hellenic Republic Asset Development Fund (Hradf), il veicolo creato nell’ambito del programma di privatizzazioni, che è parte della strategia fiscale del premier Papademos per il periodo 2012-2015, ha pubblicato l’invito, rivolto agli investitori istituzionali internazionali, a sottoporre eventuali manifestazioni di interesse.

In offerta ci sono 1,86 milioni di metri quadri (circa 260 campi da calcio) del gioiello del Dodecaneso. Nel dettaglio si tratta di due appezzamenti da 1,5 e 0,3 milioni di metri quadrati, nell’area di Afantou nel Nordest dell’isola. Descrivendo i due terreni, il Hradf si premura di sottolineare come siano a soli 20 chilometri di distanza dall’aeroporto di Rodi (3,5 milioni di passeggeri nel 2011) e dall’ospedale, nei pressi delle spiagge più prestigiose e dotati di accesso alla principale arteria stradale dell’isola.

I terreni possono essere «sviluppati in un progetto turistico/residenziale su larga scala», anche sfruttando la presenza di un campo da golf attivo già dal 1973.

Fonte: Yahoo.com

A 13 anni rischia l'ergastolo, la storia di Christian Fernandez divide l'America



A 13 anni rischia l'ergastolo, la storia di Christian Fernandez divide l'America

Aveva ucciso il fratellino con un pugno alla testa



Aveva ucciso il fratellino con un pugno alla testa
Lo scorso anno, Christian Fernandez venne arrestato dalla polizia di Jacksonville, in Florida: aveva appena dodici anni. Fu accusato dell'omicidio del fratellino, David Galarriago di soli due anni, ucciso con un pugno in testa. Il giovanissimo assassino rischia adesso di passare il resto della vita in carcere, divenendo il più giovane cittadino americano condannato all'ergastolo.

Secondo gli inquirenti, il giovane rappresenta "un grave pericolo per la società". Per questo motivo verrà giudicato come se fosse un adulto. Il caso sta dividendo l'America. Da una parte c'è chi lo ritiene un criminale a tutti gli effetti, dall'altra chi lo considera vittima della sua infanzia difficile. Per questo sono in molti a chiedere che il ragazzo venga giudicato dal tribunale dei minori, dove rischierebbe al massimo una pena di 36 mesi di detenzione. In suo sostegno è nata anche la pagina Facebook Support Christian Fernandez.

Alla fine dell'anno, il processo comincerà. Anche la madre Biannela Susana è accusata di omicidio colposo. Il piccolo David poteva salvarsi se la mamma avesse atteso sei ore prima di portarlo in ospedale. Proprio la madre concepì Christian quando aveva solo dodici anni. Il patrigno per evitare di essere arrestato per le violenze perpetrate contro di lui, si suicidò. Il piccolo Christian è cresciuto in questo ambiente.

Per l'accusa, Christian è un bambino violento dato che aveva già aggredito il fratellino spezzandogli una gamba. Tuttavia, il procuratore Mark Caliel è convinto che alla fine l'accusa modificherà la sua richiesta: chiederà che il tredicenne resti nel carcere minorile fino a 21 anni e poi sia trasferito in un centro riabilitativo per giovani detenuti.

FONTE: CADO IN PIEDI

mercoledì 21 marzo 2012

Elio e le Storie Tese - T.A.V. @The show must go off 17/03/12

Aboliamo i rimborsi elettorali


 Negli ultimi dieci anni i partiti hanno ricevuto 2 miliardi di euro ma li hanno gestiti senza alcun obbligo legale, senza dover dimostrare come li hanno spesi perchè non esiste nè una legge che li obbliga a farlo,tanto meno un organo che ne controlli le spese,perciò è necessario ricorrere ad un nuovo referendum che chiede l'abrogazione dei rimborsi elettorali.
Il finanziamento pubblico era stato cancellato dal referendum del 1993 ed è stato reintrodotto sotto forma di rimborso,occorre perciò demolire un sistema malato per poterlo ricostruire.
Firmiamo questa per petizione per porre fine allo scempio perpetrato dalla politica a danno dei cittadini sempre più vessati e tartassati!
http://www.italiadeivalori.it/index.php?option=com_petitions&view=petition&id=271

Bersani non vomita mai!

Bersani_Pdl_Udc.jpg
Il Pdmenoelle può finalmente gettare la maschera e votare alla Camera a favore della riforma dell'articolo 18. La Camusso, persino lei, non è riuscita ad accettare il licenziamento libero, dai conati di vomito che le procurava. Bersani invece ce la può fare, ce la farà, a consegnare all'oblio decenni di conquiste dei lavoratori. Là dove neppure Berlusconi osò, lui volerà alto e non si tirerà indietro. Per il bene dello Stato, ovviamente. Cancellare l'articolo 18 per un pdimenoellino è un atto liberatorio, un outing che gli restituisce la sua vera identità politica dopo anni di relazioni nascoste con il Pdl. Si sentirà meglio nelle serate insieme a Azzurro Caltagirone e al Coniglione Mannaro. Rigor Montis, argomentando con il mento in fuori, ha spiegato alla plebe che a partire dall'articolo 18 il "diritto di veto" non sarà più concesso. A nome di chi parla? Il diritto di mandarlo a fanculo, questo ce lo concediamo da soli.

Fonte:  http://www.beppegrillo.it

Cento chili di carne avariata, scaduti da due anni

La scoperta dei carabinieri in un'azienda

La carne, il cui valore si aggira sui 3mila euro circa, era destinata alla piccola distribuzione

Carne
Carne
Pesaro, 21 marzo 2012 - E’ da giorni che i Carabinieri del Nucleo Operativo Antisofisticazioni di Ancona, insieme ai colleghi del Comando Provinciale di Pesaro Urbino, stanno effettuando dei controlli a tappeto nel settore agroalimentare.
Ieri nell’ambito di tali controlli hanno fatto visita ad una azienda di ingrosso di carne nell’Alto Val Metauro, rinvenendo oltre 100 chili di carne avariata congelata abusivamente. Si tratta di 115 chili di carne suina scaduta da oltre 2 anni e conservata in capienti congelatori all’interno dell’azienda.
La carne, il cui valore si aggira sui 3mila euro circa, era destinata alla piccola distribuzione della zona. La titolare, una 40 enne della provincia di Pesaro è stata denunciata all’AG di Urbino per il mancato rispetto di alcune norme igienico sanitarie.

Fonte:  http://www.ilrestodelcarlino.it

dont touch art.18.. licenziato se...

ELIMINANDO L'ART.18 ECCO COSA ACCADRA'.
... VERRAI LICENZIATO SE :

1) Sciopererai;
2) Sei donna e vuoi fare più di un figlio (ricordiamoci dei licenziamenti in bianco fatti firmare dalle giovani donne);
3) Ti ammali di una patologia invalidante e hai ridotto le tue capacità lavorative;
4) Passi un periodo di vita difficile e non dai il massimo;
5) Hai acciacchi ad una certa età che riducono le tue prestazioni (ed è molto probabile con l’allungamento dell’età lavorativa voluta dal Suo governo);
6) Sei “antipatico” al proprietario o ad un capo che ti mettono a fare lavori meno qualificati e umilianti (mobbing);
7) Chiedi il rispetto delle norme sulla sicurezza (nei luoghi di lavoro dove non esiste l’articolo 18 gli infortuni gravi e i casi mortali sono molti di più);
8) Rivendichi la dignità di lavoratore, di uomo e donna;
9) Sei politicamente scomodo (ricordiamoci dei licenziamenti e dei reparti confine degli anni 50 e sessanta);
10) Non ci stai con i superiori;
11) Contesti l’aumento del ritmo di lavoro;
12) T’iscrivi ad un sindacato vero (su 1000 lavoratori richiamati alla FIAT di Pomigliano non uno è iscritto alla FIOM);
13) Appoggi una rivendicazione salariale o di miglioramento delle condizioni di lavoro;
14) Fai ombra al superiore e se pensa che sei più bravo di lui e puoi prenderne il posto (a volte comandano più del proprietario);
15) Hai parenti stretti con gravi malattie e hai bisogno di lunghi permessi;
16) Non sei più funzionale alle strategie aziendali;
17) Reagisci male ad un’offesa di un superiore;
18) Dimostri anche allusivamente una mancanza di stima verso il capo e il proprietario;
19) Sei mamma ed hai un bimbo che si ammala spesso;
20) L'ente/azienda per ui hai dato una vita di lavoro non ha più bisogno di te.
GRAZIE GOVERNO MONTI, 
GRAZIE PDL, 
GRAZIE PD, 
GRAZIE UDC!

martedì 20 marzo 2012

A 18 anni dalla morte di Ilaria e Miran il caso ancora senza verità e giustizia.

  
20 marzo 2012: a 18 anni dalla morte di Ilaria e Miran. Mariangela Gritta Grainer ripercorre il Caso ancora senza verità e giustizia. 
Ilaria Alpi: tutti la conoscono come vittima di quell’agguato in cui, insieme a Miran Hrovatin, fu assassinata a Mogadiscio, quasi 18 anni fa, il 20 marzo 1994. Ma chi era Ilaria? Chi era lei, la donna, la giornalista. I racconti che di lei sono stati fatti, con diversi linguaggi – la musica, il cinema, la poesia, le inchieste, il teatro fino a questo testo – ci hanno avvicinato a lei, ci hanno fatto conoscere Ilaria, ci hanno detto che è stata uccisa perché era brava, era un talento. E’ stato il suo modo di fare giornalismo di cercare sempre la verità e di comunicarla che ha fatto paura e che fa ancora paura. Per questo la verità sulla sua uccisione ancora non si conosce per intero.


Si sa che si è trattato di un’ esecuzione. Un’esecuzione su commissione: questo è quanto è emerso da tutte le inchieste giornalistiche, della magistratura e delle commissioni d’inchiesta che ne hanno evidenziato anche il movente. “Impedire che le notizie raccolte dalla Alpi e dal Hrovatin in ordine ai traffici di armi e di rifiuti tossici…venissero portati a conoscenza dell’opinione pubblica…”
Si sa che si tratta di traffici illeciti che solamente organizzazioni criminali, la mafia, l’ndrangheta e la camorra possono gestire, come indagini di procure, dichiarazioni di pentiti e collaboratori di giustizia hanno fatto emergere.
Si sa che recenti inchieste della magistratura riferite al nord Italia dimostrano che tali organizzazioni criminali  possono crescere ed estendere le loro ramificazioni in tutti i territori e in tutti i mercati  perché godono di coperture, silenzi e complicità nelle strutture di potere pubbliche e private.
Si sa che in tutti questi anni sono emerse notizie, dettagli che potrebbero collegare l’attività di inchiesta di Ilaria ad altri fatti tragici come ad esempio  il delitto Rostagno, la tragedia del traghetto Moby Prince (1991),  l’omicidio dell’ufficiale del Sismi Vincenzo Li Causi avvenuto proprio a Mogadiscio pochi mesi prima dell’assassinio di Ilaria e Miran: è il filo “rosso” di cui parlava sempre Giorgio Alpi il papà di Ilaria che ci ha lasciato senza aver avuto giustizia.
Si sa che a Mogadiscio in quei giorni c’erano ancora migliaia di soldati dell’ONU,
che il generale Carmine Fiore comandava il contingente italiano,
che il colonnello Luca Rayola Pescarini era responsabile del SISMI,
che il colonnello Fulvio Vezzalini era a capo dell’intelligence dell’UNOSOM,
che Mario Scialoja era ambasciatore italiano in Somalia,
che anche un nucleo di carabinieri del Tuscania con compiti di indagine era lì.
Si sa che nessuno di loro si recò sul luogo del duplice delitto e che quando Giancarlo Marocchino, un “chiacchierato” italiano in Somalia dal 1984, arriva sul posto e recupera i corpi, come documentato da un filmato dell’ABC, Ilaria è ancora viva. Ci fu un’omissione di soccorso.
Si sa che non vennero sequestrate le armi dell’autista di Ilaria né della scorta, non vennero interrogati i testimoni.
Si sa che nessuna inchiesta è stata finora conclusa da parte delle istituzioni che avevano il dovere di indagare e di assicurare alla giustizia esecutori e mandanti.
Si sa che senza l’impegno e la determinazione di Luciana e Giorgio Alpi questo “caso” sarebbe chiuso da anni.
Si sa che non fu disposta l’autopsia ma solo un esame esterno del corpo il cui risultato è però chiarissimo:
Il 22 marzo 1994 al cimitero Flaminio, il dottor Giulio Sacchetti, perito medico scrive:
“….trattasi di ferita penetrante al capo da colpo d’arma da fuoco a proiettile unico; mezzo adoperato pistola, arma corta…….
Quanto ai mezzi che produssero il decesso si identificano in un colpo d’arma da fuoco a proiettile unico esploso a contatto con il capo.”
Si sa che Miran Hrovatin è stato colpito da un proiettile analogo al capo.
Si sa che il corpo di Ilaria è stato dolorosamente riesumato due volte (1996, 2004).
Si sa che sono spariti il certificato di morte redatto sulla nave Garibaldi (riemerso dopo molti anni), e il body anatomy report redatto dalla compagnia Brown Root di Huston, insieme ai bloch notes di Ilaria e alle videocassette registrate.
Si sa che la sentenza di condanna all’ergastolo di Hashi Omar Assan (secondo processo), nelle sue motivazioni, indica un solo movente di quella che definisce una esecuzione premeditata e organizzata.
“…. E che questi scopi siano da individuarsi nella eliminazione e definitiva tacitazione della Alpi e di chi collaborava professionalmente con la giornalista perché divenuta costei estremamente “scomoda” per qualcuno è ipotesi non seriamente contestabile alla luce non solo di quanto sopra argomentato ma anche degli elementi e delle considerazioni che seguono.
Gli argomenti trattati dalla giornalista durante il colloquio avuto poco prima della sua partenza per Bosaso con Faduma Mohamed Mamud (teste sentita nel primo processo) nonché quelli oggetto dell’intervista con il sultano di Bosaso difficoltosamente ottenuta, l’interesse dimostrato in relazione al sequestro della nave della società Shifco, la visita dei pozzi oggetto di uno scandalo connesso con la cooperazione, il tenore della telefonata intercorsa tra la Alpi e il suo caporedattore Massimo Loche nel corso della quale la giornalista aveva anticipato al collega di avere in mano “cose molto grosse”…… sono tutte circostanze che inducono a fondatamente ritenere che Ilaria Alpi avesse nella sua attività di giornalista scoperto fatti ed attività connesse con traffici illeciti di vasto ambito……”
Si sa che Ilaria Alpi era stata minacciata di morte a Bosaso nei giorni precedenti il suo assassinio e probabilmente sequestrata se pur per breve tempo da esponenti di clan locali.
Si sa che è in corso il processo per il reato di calunnia nei confronti di Ali Rage Hamed detto Jelle, testimone d’accusa chiave nei confronti di Hashi Omar Hassan in carcere da oltre dieci anni dopo la condanna definitiva a 26 anni.
Si sa che c’è una conversazione telefonica registrata in cui Jelle dichiara di essere stato indotto e pagato da un’autorità italiana perchè accusasse Hashi ma di voler ritrattare e raccontare la verità.
Si sa che se verrà confermato che Jelle ha mentito e che è stato pagato per mentire si dovrà riaprire tutta l’inchiesta sul duplice assassinio di Ilaria e Miran.
Si sa che la sentenza di assoluzione (primo processo)  di Hashi Omar Assan definiva tutto il procedimento come “la costruzione di un capro espiatorio” stante che “il caso Alpi pesava come un macigno nei rapporti tra Italia e Somalia” e stante che “alcune piste potrebbero portare a ritenere che la Alpi sia stata uccisa, a causa di quello che aveva scoperto, per ordine di Ali Mahdi e di Mugne (presidente della Shifco, società a cui appartenevano i pescherecci, compresa la Fara Omar sequestrata a Bosaso e su cui Ilaria stava indagando ndr)”.
Si sa che quando Ilaria effettuò la prima (di sette in poco più di un anno) missione in Somalia (20 dicembre 1992-10 gennaio 1993) erano giunti da pochi giorni i primi elementi di ricognizione del nostro contingente militare per la missione internazionale al comando USA.
Si sa che il 9 dicembre erano sbarcati per primi in Somalia i marines americani in modo spettacolare e con le Tv di tutto il mondo appostate sulle spiagge: una risposta allo shoc delle immagini dell’immane tragedia somala che erano entrate in tutte le case nei mesi precedenti. Dal gennaio del 1991, alla caduta (e alla fuga) di Siad Barre, sanguinario dittatore, corrotto, sostenuto e foraggiato anche dall’Italia fino all’ultimo, la Somalia era precipitata in una guerra civile disastrosa: cinque milioni di somali divisi in sei etnie, cinquanta clan e oltre 200 sottoclan. I clan, le faide tribali, i signori della guerra sono i nuovi padroni. Le conseguenze per la popolazione già stremata e poverissima sono esodi, carestie, epidemie, criminalità, contrabbando: un terreno fecondo per faccendieri e trafficanti di ogni tipo.
Si sa che esiste un documento (ancora segretato ma già all’attenzione del Copasir, l’organismo di controllo sull’attività dei servizi segreti)  che rivelerebbe come il SISMI (attuale Aise) sarebbe “coinvolto” nella gestione del traffico e dello smaltimento dei rifiuti tossici con un esplicito riferimento anche al traffico di armi.
Il documento porta la data dell’11 dicembre 1995 e rivela “che il governo di allora, guidato da Lamberto Dini, avrebbe destinato una somma ingente di denaro al nostro servizio segreto per «lo stoccaggio di rifiuti radioattivi e armi»”.
Si sa che il 13 dicembre 1995, in circostanze misteriose (secondo gli stessi magistrati impegnati nelle indagini) muore il capitano Natale De Grazia, figura chiave del pool investigativo coordinato dal procuratore di Reggio Calabria Francesco Neri che indaga sulle “navi dei veleni”.
Francesco Neri  nell’audizione del 18.1.2005 davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi ha raccontato della sua indagine  sui rifiuti tossici e sulle navi, iniziata nel 1994. Ha spiegato dettagliatamente della perquisizione a casa di Giorgio Comerio, noto trafficante di armi, e coinvolto secondo gli investigatori nel piano per smaltire illecitamente rifiuti tossico nocivi che prevedeva la messa in custodia di rifiuti radioattivi delle centrali nucleari in appositi contenitori e il loro ammaramento.
Francesco Neri dirà tra molte altre cose:
“Nella perquisizione ……la cosa che ci incuriosì più di ogni altra fu il ritrovamento del certificato di morte di Ilaria Alpi proprio nella carpetta della Somalia……
insieme a corrispondenze sulle autorizzazioni richieste al governo somalo e con Ali Mahdi, ad altre informazioni su siti e modalità di smaltimento illegale di rifiuti radioattivi”. Che ci faceva il certificato di morte di Ilaria tra le carte di Comerio?
Si sa che l’avvocato Carlo Taormina, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin invece che ricercare i responsabili del duplice assassinio ha perseguito con tenacia e senza risparmio di mezzi l’obiettivo di scagionare alcune persone quali:
Giancarlo Marocchino ha raccontato diverse versioni di quanto accadde il 20 marzo 1994; ha assistito forse anche all’agguato stesso, di certo non ha detto tutto quello che sa e forse ha anche mentito.
Omar Mugne, ingegnere della Shifco, società a cui apparteneva la Farah Omar, il peschereccio sequestrato a Bosaso di cui si occupò Ilaria Alpi nel suo ultimo viaggio in Somalia. E’ possibile che Mugne abbia anche  incontrato Ilaria forse proprio sulla Farah Omar sospettata di trasportare armi e rifiuti; dell’incontro esisterebbe una cassetta registrata, come sostenuto dal alcuni testimoni.
Si sa che le conclusioni di Taormina sono vergognosamente false, offensive della professionalità e della memoria di Ilaria e Miran: “Si trattò di un tentativo di sequestro finito male; nessun mistero, dunque, Ilaria e Miran non stavano conducendo alcuna indagine scottante. A Bosaso erano andati in vacanza, al mare. Eroi del giornalismo perché sono morti. Ma nulla stavano cercando o avevano trovato circa ipotetici traffici di armi di rifiuti o altro”.
Si sa che sono state fatte carte false ignorando tutte le testimonianze che provavano la tesi dell’esecuzione e “pilotandone” altre.
Il sultano di Bosaso, ad esempio, ha confermato la sparizione di alcune cassette video registrate (ha detto che l’intervista che gli fece Ilaria, pochi giorni prima di essere uccisa, durò due o tre ore, solo una di una ventina di minuti è giunta in Italia!) e ha dichiarato davanti alla commissione d’inchiesta (10 febbraio 2006): “…a Ilaria ho detto che quelle navi portavano via dalla Somalia il pesce e poi venivano con le armi………tutti parlavano del trasporto delle armi e dei rifiuti….chi diceva di aver visto…non si vedeva vivo o spariva, in un modo o nell’altro, moriva…

Ci sono documenti, testimonianze, informative, inchieste: un materiale enorme, accumulato in 17 anni dalle inchieste giornalistiche, della magistratura, delle commissioni d’inchiesta parlamentari e governative, che “custodisce” le prove.
Si conosce ormai quasi tutto su quel che accadde in quei giorni a Mogadiscio, sul perché del duplice delitto, perfino su chi poteva far parte del commando. Ma gli esecutori sono ancora impuniti e non si è ancora arrivati ai mandanti a chi ha armato il gruppo di fuoco.
Perché alla verità giudiziaria non si è ancora arrivati? Chi non vuole questa verità e quindi giustizia e perché?

In fondo basterebbe indagare a fondo su quanto aveva scritto Ilaria su alcuni bloch notes ritrovati.
A partire da questa piccola nota: ” 1400 miliardi di lire dove è finita questa impressionante mole di denaro? “ (1.400.000.000.000 “Sono tanti undici zero. Proprio tanti. Troppi. …. non è che il viaggio è finito. E infatti ce ne vuole, ancora, per arrivare in fondo al viaggio, in fondo a tutti e undici gli zero.” da Lo schifo – omicidio non casuale di Ilaria Alpi nella nostra ventunesima regione” )
Ilaria nel film “il più crudele dei giorni” ad un certo punto con sullo sfondo la strada Garoe Bosaso, costruita con i fondi della cooperazione italiana dice:
“Per darvi un’idea di quanto sia utile spendere centinaia di miliardi della cooperazione in Somalia ecco…questa è la strada Garoe Bosaso una strada…che almeno è servita per coprire ogni sorta di porcherie tossiche e radioattive che l’occidente ha la buona abitudine di affidare a questi poveri disgraziati del terzo mondo, tutto con la complicità di politici, militari, servizi segreti, faccendieri italiani e somali….
“Io so.
Io so e so anche i nomi e adesso ho anche le prove”.
Mariangela Gritta Grainer
Portavoce dell’Associazione Ilaria Alpi
(postfazione tratta dal libro LO SCHIFO di Stefano Massini, Promo Music, Corvino Meda Editore)
Fonte:Nocensura.com