venerdì 26 ottobre 2012

L’annullamento del debito tedesco a Londra nel 1953

Dal 2010, nei paesi più forti della zona euro, la maggior parte dei dirigenti politici, sostenuti dai media dominanti, vantano i meriti della loro presunta generosità nei confronti del popolo greco e di altri paesi indeboliti della zona euro che occupano le prime pagine dell’attualità (Irlanda, Portogallo, Spagna…). In questo contesto sono chiamate «piani di salvataggio» delle misure che sprofondano ancora di più l’economia dei paesi cui sono destinate e che contengono arretramenti sociali mai visti in Europa nel corso degli ultimi 65 anni. A questo si aggiunge l’inganno del piano di riduzione del debito greco adottato nel marzo 2012, che implica una diminuzione dell’ordine del 50% (1) dei crediti dovuti dalla Grecia alle banche private, anche se questi crediti avevano perso tra il 65 e il 75% del loro valore sul mercato finanziario secondario.

La riduzione dei crediti alle banche private è compensata da un aumento dei crediti pubblici nelle mani della Troika e sfocia su nuove misure di una brutalità e di un’ingiustizia fenomenali. Questo accordo di riduzione del debito mira a vincolare definitivamente il popolo greco a un’austerità permanente, costituisce un insulto e una minaccia per tutti i popoli d’Europa e d’altrove. Secondo i servizi di studio dell’FMI, nel 2013, il debito pubblico greco rappresenterà il 164% del PIL, il che significa che la riduzione annunciata nel marzo 2012 non porterà a un effettivo e durevole alleggerimento del fardello del debito che pesa sul popolo greco. È in questo contesto che Alexis Tsipras, in visita al Parlamento europeo il 27 settembre 2012, ha sottolineato la necessità di un’iniziativa concreta di riduzione del debito greco e ha fatto riferimento all’accordo di Londra del 1953 che portò all’annullamento di buona parte del debito tedesco. Torniamo su questo accordo.


L’accordo di Londra del 1953 sul debito tedesco

Il radicale alleggerimento del debito della Repubblica federale della Germania (RFA) e la sua rapida ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale sono state rese possibili grazie alla volontà politica dei suoi creditori, ovvero gli Stati Uniti e i loro principali alleati occidentali (Gran Bretagna, Francia). Nell’ottobre del 1950 questi tre alleati formulano un progetto nel quale il governo federale tedesco riconosce l’esistenza dei debiti dei periodi precedenti e successivi alla guerra. Gli alleati vi allegano una dichiarazione in cui si notificava che «i tre paesi concordano che il piano prevede un regolamento adeguato delle esigenze insieme alla Germania il cui risultato non deve squilibrare la situazione finanziaria dell’economia tedesca attraverso ripercussioni indesiderate né colpire eccessivamente le riserve potenziali della valuta. I tre paesi sono convinti che il governo federale tedesco condivide la loro posizione e che il ripristino della solvibilità tedesca deve essere accompagnato da un adeguato pagamento del debito che assicura a tutti i partecipanti una giusta negoziazione, tenendo conto dei problemi economici della Germania (2)».

Se contabilizziamo gli interessi, il debito reclamato alla Germania riguardo al periodo antecedente la guerra ammonta a 22,6 miliardi di marchi. Il debito del dopo guerra è stimato a 16,2 miliardi. Al momento dell’accordo concluso a Londra il 27 febbraio 1953 (3) queste somme sono portate a 7,5 miliardi di marchi per quanto riguarda la prima e a 7 miliardi per la seconda (4). In percentuale questo rappresenta una riduzione del 62,6%. Per di più l’accordo stabilisce la possibilità di sospendere i pagamenti per rinegoziarne le condizioni qualora si verificasse un cambiamento sostanziale che limita la disponibilità delle risorse (5).
Per assicurarsi che l’economia della Germania occidentale sia davvero rilanciata e che costituisca un elemento stabile e centrale nel blocco atlantico di fronte al blocco dell’Est, gli Alleati creditori fanno importanti concessioni alle autorità e alle imprese tedesche indebitate, concessioni che vanno ben al di là di una riduzione del debito. Si parte dal presupposto che la Germania debba essere in condizioni di rimborsare tutto, mantenendo un livello di crescita elevato e un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Rimborsare senza impoverirsi. Per questo i creditori accettano:
- Primo, che la Germania rimborsi l’essenziale del debito che le è richiesto con la sua moneta nazionale, il marco. Rimborsa solo in maniera marginale con valute forti (dollari, franchi svizzeri, sterline…).

- Secondo, anche se all’inizio degli anni Cinquanta il paese presenta ancora una bilancia commerciale negativa (il valore delle importazioni supera quello delle esportazioni), le potenze creditrici accettano che la Germania riduca le importazioni: può produrre autonomamente quei beni che in passato faceva arrivare dall’estero. Consentendo alla Germania di sostituire le importazioni con beni di produzione propria, i creditori accettano quindi di ridurre le loro esportazioni verso questo paese. Ora, nel periodo tra il 1950 e il 1952 il 41% delle importazioni tedesche arrivavano da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Se si aggiunge a questa cifra la parte delle importazioni provenienti dagli altri paesi creditori che hanno partecipato alla conferenza (Belgio, Olanda, Svezia e Svizzera), la cifra totale ammonta addirittura al 66%.

- Terzo, i creditori autorizzano la Germania a vendere i suoi prodotti all’estero, arrivando a incentivarne le esportazioni al fine di stimolare una bilancia economica positiva. Tutti questi elementi sono riportati nella dichiarazione precedentemente menzionata: «la capacità della Germania di pagare i suoi debitori privati e pubblici non significa unicamente la capacità di realizzare regolarmente i pagamenti in marchi tedeschi senza conseguenze inflazionistiche, ma anche che l’economia del paese possa coprire i debiti tenendo conto del suo attuale bilancio dei pagamenti. Determinare la capacità di pagamento della Germania chiede di far fronte a certi problemi quali:

1. la futura capacità produttiva della Germania con particolare riguardo verso la capacità produttiva dei beni esportabili e la capacità di sostituire le importazioni;

2. la possibilità di vendere le merci tedesche all’estero;

3. le probabili condizioni di commercio future;

4. le misure fiscali ed economiche interne necessarie ad assicurare un surplus per le esportazioni (6).»


Inoltre, in caso di litigio con i creditori, i tribunali tedeschi sono, in generale, competenti. Si dice esplicitamente che, in certi casi, «i tribunali tedeschi potranno rifiutare di eseguire […] la decisione di un tribunale straniero o di un’istanza arbitrale». È il caso qualora «l’esecuzione della decisione fosse contraria all’ordine pubblico» (p.12 dell’Accordo di Londra).

Un altro elemento molto importante è che il servizio del debito viene fissato in funzione della capacità di pagamento dell’economia tedesca, tenendo conto dello stato di avanzamento della ricostruzione del paese e dei ricavi delle esportazioni. In tal modo, la relazione tra il servizio del debito e i redditi delle esportazioni non deve superare il 5%. Ciò significa che la Germania occidentale non deve consacrare più di un ventesimo di tali redditi al pagamento del debito. In pratica, la Germania non destinerà mai più del 4,2% dei proventi delle esportazioni al pagamento del debito (questo montante viene raggiunto nel 1959). In ogni caso, nella misura in cui buona parte dei debiti tedeschi era rimborsata in marchi, la banca centrale tedesca poteva emettere moneta, in altri termini monetizzare il debito. Viene presa un’altra misura eccezionale: si applicherà una riduzione drastica dei tassi d’interesse che oscillano tra lo 0 e il 5%.

Le potenze occidentali offrono alla Germania dell’ovest un favore di un valore economico enorme: l’articolo 5 dell’accordo concluso a Londra rinvia il pagamento delle riparazioni e dei debiti di guerra (sia della prima che della seconda guerra mondiale) dovuti dalla RFA ai paesi occupati, annessi o aggrediti (e anche ai loro cittadini).
Infine bisogna prendere in conto i doni in dollari fatti dagli Stati Uniti alla Germania dell’ovest: 1,17 miliardi di dollari nel quadro del Piano Marshall tra il 3 aprile 1948 e il 30 giugno 1952 (circa 10 miliardi di dollari di oggi) ai quali vanno aggiunti almeno 200 milioni di dollari (circa 2 miliardi di dollari di oggi) tra il 1954 e il 1961, principalmente tramite l’agenzia internazionale dello sviluppo degli Stati Uniti (USAID).

Grazie a queste condizioni eccezionali, la Germania occidentale si risolleva economicamente in tempi molto rapidi e, all’inizio degli anni Novanta, finisce con l’assorbire la Germania dell’est. Oggi è di gran lunga l’economia più forte in Europa.

Germania 1953/Grecia 2010-2012

Se azzardiamo un confronto tra il trattamento che subisce la Grecia e quello che è stato riservato alla Germania dopo la Seconda guerra mondiale, le differenze e l’ingiustizia sono sorprendenti. Eccone una lista non esaustiva in 11 punti:

1.- Proporzionalmente, la riduzione del debito accordata alla Grecia nel marzo 2012 è infinitamente minore rispetto a quella concessa alla Germania.

2.- Le condizioni sociali ed economiche legate al piano (e a quelli che l’hanno preceduto) non favoriscono per niente il rilancio dell’economia greca, mentre nel caso della Germania hanno contribuito abbondantemente a risollevare l’economia.

3.- La Grecia si vede imporre privatizzazioni principalmente in favore di investitori stranieri, mentre la Germania era incoraggiata a rinforzare il controllo sui settori economici strategici, con un settore pubblico in piena crescita.

4.- I debiti bilaterali della Grecia (nei confronti dei paesi che hanno partecipato al piano della Troika) non sono ridotti (fatta eccezione per quelli dovuti alle banche private), mentre i debiti bilaterali della Germania (a partire da quelli verso i paesi aggrediti, invasi o annessi dal Terzo Reich) erano stati ridotti del 60% o più.

5.- La Grecia deve rimborsare in euro anche se rispetto ai suoi partner europei (in particolare Germania e Francia) si trova in una situazione di deficit commerciale (quindi in carenza di euro), mentre la Germania rimborsava l’essenziale del suo debito in marchi tedeschi fortemente svalutati.

6.- La banca centrale greca non può prestare denaro al governo greco, mentre la Deutsche Bank faceva prestiti alle autorità tedesche e faceva funzionare (certo, senza esagerare) le macchine che stampano banconote.

7.- La Germania era autorizzata a non consacrare più del 5% dei suoi redditi da esportazione al pagamento del debito. Oggi invece, nel caso della Grecia, non è stato fissato alcun limite.

8.- I nuovi titoli del debito geco che sostituiscono i vecchi debiti alle banche non sono più di competenza dei tribunali greci, ma delle giurisdizioni del Lussemburgo e del Regno-Unito (e sappiamo quanto queste siano favorevoli ai creditori privati), mentre i tribunali della Germania (questa antica potenza aggressiva e occupante) erano competenti.

9.- In materia di rimborso del debito estero, i tribunali tedeschi potevano rifiutare di eseguire le sentenze dei tribunali stranieri o dei tribunali arbitrali nel caso in cui la loro applicazione costituisse una minaccia per l’ordine pubblico. In Grecia, la Troika rifiuta tassativamente che i tribunali possano invocare l’ordine pubblico per sospendere il rimborso del debito. Ora, le enormi proteste sociali e l’ascesa di forze neo-naziste sono la conseguenza diretta delle misure dettate dalla Troika e dal rimborso del debito. Pur correndo il rischio di provocare le proteste di Bruxelles, dell’FMI e dei “mercati finanziari”, le autorità greche potrebbero invocare lo stato di necessità e l’ordine pubblico per sospendere il pagamento del debito e abrogare le misure antisociali imposte dalla Troika.

10.- Nel caso della Germania l’accordo stabiliva la possibilità di sospendere i pagamenti per rinegoziarne le condizioni qualora si verificasse un cambiamento sostanziale tale da limitare la disponibilità delle risorse. Per la Grecia non si prevede nulla di simile.

11.- Nell’accordo sul debito tedesco era esplicitamente previsto che il paese potesse produrre sul posto ciò che prima importava, al fine di raggiungere un surplus commerciale e di potenziare i suoi produttori locali. La filosofia degli accordi imposti alla Grecia e le regole dell’Unione Europea vietano alle autorità greche di aiutare, sovvenzionare e proteggere i suoi produttori locali - che si tratti del settore agricolo, industriale, o terziario - di fronte ai loro concorrenti degli altri paesi dell’UE (che sono i principali partner commerciali della Grecia).

Potremmo aggiungere che, dopo la seconda guerra mondiale, la Germania ha ricevuto cospicui doni, in particolare, come abbiamo visto sopra, nel quadro del Piano Marshall.

Possiamo comprendere perché il leader di Svriza, Alexis Tsipras, quando si rivolge all’opinione pubblica europea faccia riferimento all’accordo di Londra del 1953. L’ingiustizia con cui viene trattato il popolo greco (così come gli altri popoli le cui autorità seguono le raccomandazioni della Troika) deve risvegliare la coscienza di una parte dell’opinione pubblica.

Ma non facciamoci illusioni, le ragioni che hanno spinto le potenze occidentali a trattare in quel modo la Germania dell’ovest dopo la seconda guerra mondiale non sono opportune nel caso della Grecia. Per vedere una reale soluzione al dramma del debito e dell’austerità, c’è ancora bisogno di forti mobilitazioni sociali in Grecia e nel resto dell’Unione Europea, così come l’accesso al potere di un governo del popolo ad Atene. Servirà un atto unilaterale di disobbedienza proveniente dalle autorità di Atene (sostenute dal popolo), quali la sospensione del rimborso e l’abrogazione delle misure antisociali per forzare i creditori a concessioni importanti e imporre infine l’annullamento del debito illegittimo. La realizzazione a scala popolare di un audit cittadino del debito greco deve servire a preparare il terreno.
DI ERIC TOUSSAINT
cadtm.org
Global Research




Eric Toussaint, professore associato all’università di Liegi, è presidente del CADTM Belgio (Comitato per l’annullamento del debito del terzo mondo, www.cadtm.org) e membro del consiglio scientifico di ATTAC Francia. Ha scritto, con Damien Millet, AAA. Audit Annulation Autre Politique, Paris, Seuil, 2012.
Fonte:ComeDonChisciotte.org

lunedì 22 ottobre 2012

Taranto, per le donne i tumori aumentano dal 24 al 100 per cento. Peggiorano i dati sulla mortalità

Dai dati aggiornati al 2009 forniti dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, alle associazioni ambientaliste emerge per le donne a Taranto un aumento di tumori dal 24% al 100%. Lo rende noto il presidente di PeaceLink, Alessandro Marescotti.
Peggiorano i dati sulla mortalità - Stando a quanto riferisce Marescotti, peggiorano da +10% a più 11% nell'aggiornamento 2009 del Progetto Sentieri dell'ISS sui siti inquinati i dati della mortalità nella città pugliese. Il dato del più 11% cento si riferisce all'eccesso di mortalità rilevato rispetto alle aspettative di morte di tutti i cittadini residenti in Puglia, secondo lo studio compiuto dall' Istituto Superiore di Sanità con l'Oms , chiamato appunto progetto 'Sentieri'. Il ministro ha presentato alle associazioni ambientalistiche i dati aggiornati al 2009 che, per tutte le cause di mortalità, per tutta la popolazione, segnano un più 1% rispetto al 2008.
Lo stabilimento siderurgico il maggior potenziale responsabile - "Lo stabilimento siderurgico, in particolare gli impianti altoforno, cokeria e agglomerazione, è il maggior emettitore nell'area per oltre il 99% del totale ed é quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari correlati lì al benzopirene", si legge nel Rapporto Sentieri presentato dal ministro Balduzzi.
Balduzzi: "Situazione complessa" - Secondo il Ministro della Salute, Balduzzi, "la situazione a Taranto è indubbiamente complessa. Credo sia necessario uno sforzo, anche da parte della sanità' pubblica per un monitoraggio sanitario costante e un piano di prevenzione nei confronti dei lavoratori, dei bambini, di tutti, con iniziative mirate".
Attolini: "Dati allarmanti" - Per l'assessore alla sanità della Regione Puglia, Ettore Attolini, "i dati su Taranto sono allarmanti e ricalcano quelli già circolati: bisogna partire da questo dato di fatto per intervenire".
Il sindaco: "Assurdo che un operaio degli altoforni lavori fino a 70 anni" - "E' positivo che il ministro sia venuto a Taranto ad illustrare questi dati e che abbiano parlato tutti. Io ho ribadito gli aspetti sanitari elencati in sede di riesame dell'Aia all'Ilva, partendo dalla tutela dei lavoratori. Non è 'possibile che un lavoratore dell'altoforno debba lavorare fino a 70 anni", ha detto il sindaco di Taranto Ippazio Stefano dopo l'incontro con il ministro della Salute Renato Balduzzi. "Non tutti i lavori sono uguali - ha aggiunto - e bisogna considerare quelli usuranti. Poi ho sottolineato che dal punto di vista sanitario bisogna fare in modo che i nostri malati non debbano andare fuori. Quindi ho chiesto una deroga al blocco delle assunzioni per l'Asl e per l'Arpa in reazione a controllo e prevenzione". Per il sindaco "é assurdo che gli abitanti del rione Tamburi debbano andare a fare gli esami specialistici in altri quartieri e che i tarantini debbano andare fuori dalla città'. Basta con i viaggi della speranza".

Fonte:Tiscali.it

giovedì 18 ottobre 2012

PASQUINO E " PASQUINATE"


Pasquino è la più celebre statua parlante di Roma, divenuta figura caratteristica della città fra il XVI ed il XIX secolo.Ai piedi della statua, ma più spesso al collo, si appendevano nella notte fogli contenenti satire in versi, dirette a pungere anonimamente i personaggi pubblici più importanti. Erano le cosiddette "pasquinate", dalle quali emergeva, non senza un certo spirito di sfida, il malumore popolare nei confronti del potere e l'avversione alla corruzione ed all'arroganza dei suoi rappresentanti.
Pasquino era in breve tempo divenuto fonte di preoccupazione, e parallelamente di irritazione, per i potenti presi di mira dalle pasquinate, primi fra tutti i papi. I veleni ampiamente profusi gli furono ricambiati, di gran cuore. Diversi furono i tentativi di eliminare la statua e fu il forestiero Adriano VI (ultimo papa "straniero" prima di Giovanni Paolo II), durante il suo breve e controverso pontificato (1522-1523), che tentò di disfarsene, ordinando di gettarla nel Tevere. Fu distolto quasi in extremis dai cardinali della Curia, che intravidero il pericolo e la possibile portata di un simile "attacco" alla congenita inclinazione alla satira del popolo romano. Anche Sisto V (1585-1590) e Clemente VIII (1592-1605) tentarono invano di eliminare la scomoda statua.Quando altri, successivamente, la fecero vigilare notte e giorno da guardie, le pasquinate apparvero infatti ancora più numerose ai piedi di altre statue: l'idea era stata di Benedetto XIII, che emanò anche un editto che garantiva la pena di morte, la confisca e l'infamia a chi si fosse reso colpevole di pasquinate. Già nel 1566, però, sotto Pio V, Niccolò Franco era stato accusato di essere l'autore delle pasquinate e per questo condannato a morte e giustiziato sulla forca. Le pasquinate però non tacciono, e ai versi propagandistici si sostituiscono invettive moraleggianti, soprattutto nei confronti di un dilagante nepotismo e di una certa "prostituzione di lusso".Verso dopo verso, Pasquino era di fatto asceso ad un rango di specialissimo antagonista della figura papale, simboleggiando il popolo di Roma che punteggiava coi suoi commenti gli eccessi di un sistema col quale conviveva con sorniona sufficienza. Pasquino segnalava che, per la sua particolare storia,


Le cosiddette pasquinate erano dei cartelli e dei manifesti satirici che durante la notte venivano preferibilmente appesi al collo di alcune statue (fra cui Pasquino, da cui il nome) posizionate in luoghi frequentati della città, in modo che al mattino successivo potessero essere visti e letti da chiunque, prima che la polizia dell'epoca li asportasse. Le pasquinate colpirono molti personaggi, la maggior parte dei quali noti per aver preso parte all'esercizio del potere temporale del papato. Le pasquinate furono numerosissime ed esposte a distanza di brevi periodi di tempo. Clemente VII de' Medici, ad esempio, morì dopo una lunga malattia; su Pasquino apparve conseguentemente un ritratto del suo medico, che forse era giudicato non esente da responsabilità circa l'esito delle sue stesse cure, ma tenuto conto delle qualità morali del suo paziente fu indicato come: ecce qui tollit peccata mundi (ecco colui che toglie i peccati del mondo).
Le pasquinate non erano soltanto espressione di un malcontento popolare: in molti casi quegli stessi rappresentanti del potere che erano normalmente, almeno come categoria, oggetto di lazzi e frecciate, le usarono a fini propagandistici contro avversari scomodi, magari sfruttando l'arte poetica ed ironica di letterati che si prestavano al gioco (probabilmente opportunamente ricompensati), come ad esempio Giambattista Marino, Pietro Aretino ed altri. E l'occasione più ghiotta per spargere maldicenze contro concorrenti scomodi nel tentativo di ottenere il favore, almeno popolare, era l'elezione di un nuovo pontefice, che diventava un vero campo di battaglia di una campagna elettorale che si combatteva a colpi di invettive propagandistiche. Non si trattava, in queste situazioni, della classica opposizione al potere, ma solo di favorire qualcuno per la scalata a quel potere.
da: Wikipedia

martedì 9 ottobre 2012

Vaccini inutili e dannosi: il business avvelena i neonati

Effetti indesiderati o appositamente voluti per far soldi sulla pelle di esseri indifesi col pretesto scientifico? «Il nome – denuncia il giornalista Gianni Lannes – è quello di un killer legalmente autorizzato ad avvelenare i bambini e a trasformarli in pazienti cronici, danneggiando irreversibilmente le loro difese immunitarie». Si chiama “Infanrix Hexa”, costa quasi 100 euro ed è il vaccino esavalente, somministrato in un’unica soluzione, prodotto dalla britannica Glaxo, condannata più volte negli Usa per aver provocato la morte di parecchie persone. L’obbligo di legge per i neonati riguarda solo difterite, tetano, poliomielite ed epatite B. Ma nella dose diffusa ci sono gli antigeni per altre due malattie infettive. Secondo l’Istituto superiore di sanità, la copertura è ottimale e non c’è nessun rischio provato. Anzi, «il vero scandalo è contrarre virus perché si rifiuta il vaccino».
Vaccinazioni obbligatorie in tutta Italia, tranne nelle regioni come il Veneto dove sono diventate facoltative. «Mio figlio autistico a causa dei vaccini», vaccinoha denunciato l’infermiere Gabriele Milani. La vaccinazione contro l’epatite B, contenuta anch’essa nell’esavalente e introdotta «grazie alle tangenti ricevute dall’ex ministro della salute Francesco De Lorenzo», secondo Lannes è «totalmente illegale e truffaldina, in considerazione del fatto che l’ex ministro è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione». Il ministro è sparito ma la vaccinazione è rimasta, scrive Lannes in un intervento pubblicato dal blog “Informare per Resistere”, che denuncia svariati abusi commessi al solo scopo di gonfiare la spesa farmaceutica, anche sulla pelle dei piccoli pazienti e all’insaputa dei famigliari: «Sovente i genitori non sono puntualmente informati dai medici pediatri preposti al servizio delle aziende sanitarie locali, così in una botta sola vengono iniettati ai pargoli oltre a quelli obbligatori, anche i raccomandati “Haemophilus B” e pertosse».
Una madre: «Sette vaccini contemporanei alla prima somministrazione non sono troppi?». Se sono obbligatori solo 4 vaccini, perché invece se ne somministrano addirittura 6 e anche di più? «Non è che si usano i neonati come cavie?», si interroga il Codacons. Oltretutto, anche nelle vaccinazioni obbligatorie si annida il pericolo invisibile dei metalli pesanti. «Il decreto ministeriale del 27 giugno 2003 aveva messo al bando il mercurio», dice Lannes, ma «a distanza di 9 anni è ancora presente nella composizione», come certificato da recenti analisi europee. Non è tutto: negli adiuvanti compare anche l’alluminio in dosi macroscopiche. «Secondo il ministero della Salute e l’istituto Superiore di sanità è tutto a posto e non c’è nessun pericolo. Inverosimile. Come la mettiamo con gli effetti collaterali e le L'ex ministro Francesco De Lorenzomalattie insabbiate? Possibile che debba prevalere il profitto economico sulla salute?».
Due sentenze giudiziarie hanno da poco scosso il mondo della pediatria: c’è una relazione tra i vaccini obbligatori, somministrati ai nostri figli, e l’autismo. Lo hanno detto due giudici, a Rimini e a Torino, disponendo risarcimenti miliardari. Problema: i vaccini sono utili o soltanto pericolosi? «Perché sono obbligatori da noi e in Francia, ma nel resto d’Europa solo consigliati?». Associazioni di genitori che hanno vissuto disgrazie cliniche dopo una vaccinazione, il Comilva ad esempio, pubblicano in Rete studi sconosciuti all’opinione pubblica. Per quale motivo, si interroga Lannes, il governo Monti non rende noto il numero complessivo delle persone danneggiate nel nostro paese? La legge 210 del 1992 parla chiaro: “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”. E dunque: «Che ragione c’era di promulgare una normativa del genere se lo Stato è in regola?».
Il settore, continua Lannes, è intorbidito da trucchi e pericoli, a cominciare dalla presenza “clandestina” del mercurio in alcuni composti, come il Thiomersale. «In sostanza, è consentita l’omissione di informazioni pur essendo confermato che potrebbe ugualmente avvenire una sensibilizzazione (reazione allergica) al prodotto». Gli ultimi dati rivelano che, fra il 1993 e il 1996, ben 7.000 bambini nordamericani sono morti a seguito di reazioni avverse ai vaccini ed altri 333.000 hanno avuto danni permanenti. In Giappone i casi di “sindrome da morte improvvisa” sono scomparsi, immediatamente dopo che l’età delle vaccinazioni obbligatorie è stata spostata dai due mesi di vita ai due anni. E’ ben noto alle autorità sanitarie che col boom dei casi di autismo infantile a partire dal 1992, i bambini e malattieneonati hanno ricevuto per ciclo vaccinale un quantità variabile tra 125 e 175 micro-grammi di mercurio, spropositata per il loro peso.
Il mercurio, continua Lannes, è contenuto anche nell’“Infanrix Hexa”, spacciato per “libero da sali di mercurio”. Idem per l’alluminio, che è «una comprovata neurotossina» ed è «l’adiuvante più comunemente utilizzato nei vaccini». Nonostante l’uso diffuso degli adiuvanti di alluminio, la comprensione della scienza medica in merito al loro meccanismo d’azione è ancora notevolmente scarsa, spiega Lannes. C’è anche una relativa scarsità di dati sulla tossicologia e la farmacocinetica di questi composti ma, nonostante questo, la fantasiosa nozione che l’alluminio nei vaccini è “sicuro” è spesso ampiamente accettata. «Ricerche indipendenti, tuttavia, dimostrano che gli adiuvanti in alluminio hanno la potenzialità di indurre gravi disturbi immunologici e neurologici negli esseri umani. In particolare, l’alluminio sotto forma di adiuvante comporta un rischio di reazioni autoimmunitarie, infiammazioni cerebrali a lungo termine associate a complicazioni neurologiche con conseguenze negative, profonde e diffuse».
Se le virtù del vaccino sono spesso sopravvalutate, mentre il rischio è sempre sottovalutato, preoccupa anche la mancanza di qualsiasi valutazione tossicologica sulla somministrazione concomitante di alluminio con altri composti tossici riconosciuti, ordinariamente presenti nei vaccini. L’elenco è lungo: formaldeide, formalina, fenossietanolo, fenolo, borato di sodio, polisorbato 80, glutaraldeide. «Il risultato è che i bambini assumono quantità molto più elevate rispetto agli standard di sicurezza considerati dalle agenzie regolatorie, e gli adulti stanno aggiungendo quantità elevate cumulative di alluminio nei loro corpi». Dei numerosi vaccini inoculati ai neonati, molti dei quali contengono alluminio, si è dimostrato come i bambini ottengono dosi circa 46 volte superiori a quelle considerate sicure dalle agenzie governative. «Queste megadosi possono avere un effetto devastante sul cervello, argomenta il professor Russell Blaylock Russell Blaylock(neurochirurgo, autore e docente universitario), causando danni al cervello nei bambini e l’insorgenza del morbo di Alzheimer negli adulti».
«L’alluminio è tossico», afferma Blaylock. «Un’avvincente ricerca ha dimostrato che l’alluminio è una neurotossina cumulativa, anche in piccole concentrazioni. Esso ha la tendenza a concentrarsi nell’ippocampo, una zona del cervello vitale per funzioni cruciali, tra cui apprendimento, memoria e comportamento». Recenti ricerche hanno dimostrato che l’alluminio nei vaccini sta producendo gravi problemi nel cervello dei bambini in via di sviluppo, dice il professore. «Le prove sono schiaccianti, ma molti medici e funzionari le ignorano. Rifiutano di guardare le prove perché sono spaventati dalla potenza delle evidenze». Un quadro più che allarmante: «L’incidenza di disturbi neurologici come la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson e Alzheimer sta esplodendo». La causa sarebbero proprio le tossine come l’alluminio dei vaccini, «e nessuno sta dicendo la verità».
Secondo l’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, la quantità settimanale di alluminio nella dieta di una persona adulta non dovrebbe superare 1 milligrammo per ogni chilo di peso corporeo, riducendo di ben 7 volte la soglia precedente. Massima attenzione rispetto ad alcuni alimenti come pane, dolci, biscotti, cereali, spinaci, funghi e lattuga, fino ai latti artificiali per neonati. «Dopo l’assorbimento – afferma l’Efsa – l’alluminio si distribuisce in tutti i tessuti degli animali e dell’uomo accumulandosi in alcuni di essi, in particolare nelle ossa. Il principale trasportatore degli ioni Carlo Rienzi, presidente del Codaconsdi alluminio nel plasma è la proteina legante il ferro, la transferrina. L’alluminio è in grado di penetrare nel cervello e raggiungere la placenta e il feto».
La Corte dei Conti ha convocato il Codacons in merito allo scandalo dello spreco di soldi pubblici per vaccini pediatrici inutili se non addirittura pericolosi, a seguito di un esposto del dicembre 2011. Se in Italia sono obbligatori solo i vaccini contro difterite, tetano, polio ed epatite virale B, perché nelle Asl – denuncia il Codacons – anziché informare correttamente i genitori, spesso viene fornito ed iniettato ai piccoli il nuovo vaccino esavalente che contiene anche due vaccini facoltativi, contro pertosse e influenza? Fatto grave: non è disponibile un’unica soluzione coi soli 4 vaccini obbligatori. Rischio: il sovraccarico di sostanze potrebbe comportare uno choc del sistema immunitario.
Sul fronte economico, aggiunge Lannes, la procedura comporta un evidente spreco di soldi pubblici: «La maggiore spesa a carico della collettività è pari a 114 milioni di euro all’anno». Il Codacons, che ha illustrato la questione alla Corte dei Conti, ha già inviato un esposto alla magistratura contabile, al ministero della Salute e alla Procura della Repubblica di Roma, denunciando i fatti alla luce del possibili reati di truffa e abuso d’ufficio, e chiedendo di accertare il comportamento dell’Aifa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, cioè l’ente che autorizza la commercializzazione dei vaccini esavalenti oggi Gianni Lannesutilizzati nelle nostre Asl. «Maggiore è la spesa farmaceutica dei vaccini e più grande è il guadagno di Big Pharma», conclude Lannes.
«E’ ovvio che si aumenti il numero dei vaccini, pediatrici e non solo», come quelli contro l’aviaria o addirittura l’obesità: se le multinazionali farmaceutiche non ricercassero esclusivamente il profitto economico, avrebbero commercializzato anche i soli vaccini obbligatori, fornendo ai genitori un’alternativa concreta all’esavalente. «La vaccinazione dovrebbe essere una scelta, da valutare caso per caso, dopo aver ricevuto un’informazione corretta dalle autorità sanitarie». Invece, protesta Lannes, i genitori restano al buio, «a volte pressati e minacciati psicologicamente», e quindi «accettano passivamente questo bombardamento al sistema immunitario del proprio figlio». Domanda: «Quante altre generazioni di bambini perderanno la salute per un cinico business?».
Fonte.Libreidee.org

lunedì 8 ottobre 2012

Capitani senza seguito: il surreale viaggio del governo Monti

Diceva De Gaulle che il potere non lo si prende, lo si raccatta. Grande. Nessun annacquamento, tutto prodotto genuino. Che pena vedere invece il nostro Capo Contabile la settimana scorsa mettersi sulla scia del generale, dicendo tutto serio con il suo abitino grigio che sì, beninteso solo in caso di bisogno, si sarebbe reso disponibile per servire il Paese. Molto difficile trattenere l’irrispettosa memoria che corre a Renato Rascel e al suo corazziere con lo sgabello.

Il fatto è che per certi ruoli bisogna esserci tagliati e lo stimato Professore per quello del condottiero risulta leggermente sotto misura, non me ne voglia. Come viene infatti giudicato nel mondo chi guida una qualsiasi compagine (una squadra, un’azienda, un esercito, una parrocchia, una nazione, non fa differenza)?  Dai risultati. I fatti sono lì, ci si può sbizzarrire a interpretarli, magari a giustificarli, ma non possono essere cambiati. Ecco i risultati del governo Monti dopo quasi un anno di governo: disoccupazione in aumento inarrestabile, inflazione che sale nonostante la crisi, chiusure aziendali in accelerazione, debito pubblico che continua a montare, spesa pubblica ancora senza controllo, tagli ai costi della politica non visti, pressione fiscale ai massimi storici, prezzi di benzina, energia e bollette varie in continua salita, consumi in picchiata sempre più accelerata, semplificazione burocratica non pervenuta, riforme sempre più impantanate e di quel poco che è stato fatto effetti molto dubbi quando non chiaramente dannosi, imprese abbandonate al loro destino, sindacato indotto a ricompattarsi regredendo su posizioni massimaliste. E, a cappello di tutto, l’inquietante sensazione di uno Stato che rende vani i provvedimento che esso stesso si dà, a velocità crescente, in un tripudio schizofrenico di ingiunzioni destinate ad essere disattese.

Unico indicatore positivo in questo naufragio, il famoso spread leggermente migliorato, più per effetto di decisioni europee che per qualsivoglia azione italiana. Mi chiedo: visto che nel caso in questione volendo valutare la condotta governativa non abbiamo nemmeno l’impiccio del pregiudizio dovuto all’appartenenza politica, dato che in questo senso il Professore è asessuato, cos’è che chiude gli occhi di tanti italiani, di tanti autorevoli commentatori ed (ex) politici di professione che continuano, in questa situazione, a ritenere che Monti alla fine salverà il Paese e che a lui sarà giocoforza ricorrere di nuovo, dopo le elezioni? Cosa serve ancora per capire che non si può più avere fiducia di chi non riesce a far eseguire ciò che dispone ? E che il cuore della questione italiana consiste nel potere di interdizione, ancora praticamente intatto, detenuto dal mostro burocratico-amministrativo? E che se non si estingue questo come si farebbe con un tumore maligno qualsiasi provvedimento governativo volto al cambiamento sarà destinato a fare la fine delle grida manzoniane?

Gli italiani, per il momento, si sono salvati (e non tutti) attingendo alle risorse nascoste di un popolo apparentemente festaiolo ma sostanzialmente attento, anche se in modo talvolta assai poco civile, alla "roba". Chiamatela solidarietà familiare o intergenerazionale o come volete ma a non lasciare sulla strada i milioni di nuovi marginali generati dalla crisi non ci ha  certo pensato lo stimato Professore, che anzi insieme ai suoi tecnici ha peggiorato la situazione. Per tamponare la difficoltà si è invece attinto alle riserve nascoste accumulate negli anni buoni dalle passate generazioni. Queste riserve non dureranno a lungo.

A questo punto sentire in radio o TV rappresentanti del governo che si complimentano con il senso di responsabilità dimostrato dagli italiani che non si sono, ancora, lasciati andare a proteste violente come in altri Paesi che stanno peggio di noi, ti fa sentire nella posizione del cornuto e mazziato. Temo che questi tecnici avranno, tra non molto, una volta che si troveranno disoccupati anche loro, di che riflettere. Suggerirei loro di iniziare la riflessione considerando alcuni aspetti dello stile montiano che sono alla base del drammatico ritardo di una qualsiasi crescita – l’unica cosa che avrebbe potuto salvarci – e che, conseguentemente, renderanno impossibile qualsiasi salvezza, nonostante il tanto sbandierato recupero della credibilità. Le parole e gli annunci senza alcun seguito non possono infatti sostituire a lungo l’azione effettiva.

Il primo di questi aspetti è il cinismo. Anche se è quasi inevitabile che un governante incappi ogni tanto nel cinismo – se vogliamo essere realisti – lo stimato Professore ne è un puro concentrato. Ha preso soldi dover era facile prenderli e non invece dove avrebbe dovuto prenderli, mettendo in sofferenza la parte più debole della società. In questo modo, per tranquillizzare i mercati, ha tolto qualsiasi ossigeno alla ripresa economica. Complimenti.

Il secondo aspetto è l’ignoranza. Non sapeva il Professore che il sistema amministrativo dello Stato è appositamente congegnato da menti diaboliche per rendere vana qualsiasi azione riformatrice volta alla trasparenza, alla modernizzazione e alla restituzione ai cittadini di parte del potere loro estorto? Se lo avesse saputo avrebbe magari usato qualsiasi mezzo legale (guardia di finanza, carabinieri – come fece Cossiga una volta – decreti legge a raffica, ecc.) per neutralizzare il prevedibile blocco conservatore risparmiandoci così questo assurdo spettacolo di un governo che tira fuori centinaia di provvedimenti senza che alcunché succeda perché mancano regolamenti e dispositivi attuativi (il solito trucco). Perché Monti, come avrebbe fatto qualsiasi manager mediamente preparato, non ha dedicato più tempo  iniziale a disinnescare le trappole nascoste che erano sul cammino ? Glie le dobbiamo insegnare noi queste cose? Come risolvere ora il problema del blocco quasi totale a qualsiasi provvedimento emanato o di prossima emanazione opposto da una burocrazia fin troppo “intelligente”? E pensa, il Professore, che l’attivismo delle ultime ore possa far finalmente agguantare una ruota che scivola sul ghiaccio da troppi mesi?

Infine il terzo aspetto è costituito dalla totale assenza, nell’azione montiana, di una idea–guida centrale che possa essere compresa e fatta propria  dalla gente e che, quando c’è,  accredita un capo come leader facendone accettare i provvedimenti impopolari. Chi ha “salvato” il proprio Paese – figure come  Blair, Bonaparte, Caterina di Russia, Churchill, De Gaulle, Ivan il Terribile,  Kohl, Pietro il Grande, Reagan, Thatcher e tanti altri – ha quasi sempre dovuto chiedere al proprio popolo sacrifici che ridicolizzano quelli chiesti  (per adesso) a noi dai nostri tristi tecnici. Si può chiedere tutto alla gente, anche di sacrificare la propria vita, ma dietro ci deve essere un progetto degno, che non può essere limitato al conto economico in ordine. Tralascio volutamente l’aspetto “legittimità”, legato al voto. Mi sembra talmente ovvio che non credo valga la pena parlarne.
Pepe Caglini
Fonte:Tiscali.it

sabato 6 ottobre 2012

Il "povero" assessore si lamenta su Twitter: "Prendo solo 8mila euro al mese..."

I tweet di Raffaele CattaneoROMA - "Solo ottomila euro al mese? Non so come sopravvivere". Il consigliere regionale del Pdl Lombardia lancia il suo (disperato) appello su Twitter dopo i tagli ai costi della politica con il decreto del governo Monti. E il popolo della rete reagisce: "Manca di rispetto a chi è davvero in crisi". Lo sfogo del politico inizia con un pacato tweet: "Ho letto il decreto sul taglio alle Regioni: drastica riduzione dell'indennità entro il 30.11 e nessuna pensione. Uno come me cosa deve fare?". Poi in un crescendo di "disperazione" il (povero) consigliere continua: "Dunque: non rubo e quindi non ho tesori all"estero. Vivo di ciò che fra un mese mi verrà dimezzato e tra mutuo, rette,ecc non so come fare". Ma Cattaneo ci tiene a sottolineare il suo impegno come funzionario politico: "Se fossi rimasto un dirigente guadagnerei già ora di più figuriamoci dopo i tagli. Che faccio? Siamo sicuri che così la politica migliorerà? - e ancora - O forse sull'onda dell'emotività, insieme agli enti locali, stiamo distruggendo la democrazia? Ogni dittatore diventa tale a furor di popolo". Insomma, Cattaneo non sa proprio come fare per sopravvivere. E così, tra un "vergogna" ed un "Spero che un hacker si sia impossessato del suo twitter o altrimenti davvero manca di rispetto a mln italiani davvero in crisi!", scritto da Davide D'Antoni sulla pagina Twitter del politico, la discussione prende forma. Poi qualcuno, Francesca Prosperi, ha il coraggio di fare la incresciosa domanda: "Mi scusi, assessore, quanto guadagna ora e quando guadagnerà dopo?". E la risposta gela il sangue: "Ora guadagno circa 8mila euro per 12 mensilità. Non è poco, è distante dai 14mila di cui si favoleggia. Dopo circa la metà". Speriamo che Twitter stia già organizzando una colletta. Speranza non vana, con Davide D'Antoni che prontamente ritweetta: "Politico 'coraggioso' che lamenta di non poter più arrivare a fine mese con tagli governo Monti ...PROPONGO UNA COLLETTA!!". E intanto lo scontro tra italiani indignati e Cattaneo continua sulla pagina Twitter del (povero) consigliere lombardo.
Fonte:Blizquotidiano.it