giovedì 18 ottobre 2012

PASQUINO E " PASQUINATE"


Pasquino è la più celebre statua parlante di Roma, divenuta figura caratteristica della città fra il XVI ed il XIX secolo.Ai piedi della statua, ma più spesso al collo, si appendevano nella notte fogli contenenti satire in versi, dirette a pungere anonimamente i personaggi pubblici più importanti. Erano le cosiddette "pasquinate", dalle quali emergeva, non senza un certo spirito di sfida, il malumore popolare nei confronti del potere e l'avversione alla corruzione ed all'arroganza dei suoi rappresentanti.
Pasquino era in breve tempo divenuto fonte di preoccupazione, e parallelamente di irritazione, per i potenti presi di mira dalle pasquinate, primi fra tutti i papi. I veleni ampiamente profusi gli furono ricambiati, di gran cuore. Diversi furono i tentativi di eliminare la statua e fu il forestiero Adriano VI (ultimo papa "straniero" prima di Giovanni Paolo II), durante il suo breve e controverso pontificato (1522-1523), che tentò di disfarsene, ordinando di gettarla nel Tevere. Fu distolto quasi in extremis dai cardinali della Curia, che intravidero il pericolo e la possibile portata di un simile "attacco" alla congenita inclinazione alla satira del popolo romano. Anche Sisto V (1585-1590) e Clemente VIII (1592-1605) tentarono invano di eliminare la scomoda statua.Quando altri, successivamente, la fecero vigilare notte e giorno da guardie, le pasquinate apparvero infatti ancora più numerose ai piedi di altre statue: l'idea era stata di Benedetto XIII, che emanò anche un editto che garantiva la pena di morte, la confisca e l'infamia a chi si fosse reso colpevole di pasquinate. Già nel 1566, però, sotto Pio V, Niccolò Franco era stato accusato di essere l'autore delle pasquinate e per questo condannato a morte e giustiziato sulla forca. Le pasquinate però non tacciono, e ai versi propagandistici si sostituiscono invettive moraleggianti, soprattutto nei confronti di un dilagante nepotismo e di una certa "prostituzione di lusso".Verso dopo verso, Pasquino era di fatto asceso ad un rango di specialissimo antagonista della figura papale, simboleggiando il popolo di Roma che punteggiava coi suoi commenti gli eccessi di un sistema col quale conviveva con sorniona sufficienza. Pasquino segnalava che, per la sua particolare storia,


Le cosiddette pasquinate erano dei cartelli e dei manifesti satirici che durante la notte venivano preferibilmente appesi al collo di alcune statue (fra cui Pasquino, da cui il nome) posizionate in luoghi frequentati della città, in modo che al mattino successivo potessero essere visti e letti da chiunque, prima che la polizia dell'epoca li asportasse. Le pasquinate colpirono molti personaggi, la maggior parte dei quali noti per aver preso parte all'esercizio del potere temporale del papato. Le pasquinate furono numerosissime ed esposte a distanza di brevi periodi di tempo. Clemente VII de' Medici, ad esempio, morì dopo una lunga malattia; su Pasquino apparve conseguentemente un ritratto del suo medico, che forse era giudicato non esente da responsabilità circa l'esito delle sue stesse cure, ma tenuto conto delle qualità morali del suo paziente fu indicato come: ecce qui tollit peccata mundi (ecco colui che toglie i peccati del mondo).
Le pasquinate non erano soltanto espressione di un malcontento popolare: in molti casi quegli stessi rappresentanti del potere che erano normalmente, almeno come categoria, oggetto di lazzi e frecciate, le usarono a fini propagandistici contro avversari scomodi, magari sfruttando l'arte poetica ed ironica di letterati che si prestavano al gioco (probabilmente opportunamente ricompensati), come ad esempio Giambattista Marino, Pietro Aretino ed altri. E l'occasione più ghiotta per spargere maldicenze contro concorrenti scomodi nel tentativo di ottenere il favore, almeno popolare, era l'elezione di un nuovo pontefice, che diventava un vero campo di battaglia di una campagna elettorale che si combatteva a colpi di invettive propagandistiche. Non si trattava, in queste situazioni, della classica opposizione al potere, ma solo di favorire qualcuno per la scalata a quel potere.
da: Wikipedia

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