Maurizio Zipponi
Il gioco delle tre carte della ministra Fornero non riesce a mascherare
una realtà evidente: il governo cerca ancora una volta di fare le nozze
con i fichi secchi. Non avendo il coraggio né la volontà di toccare le
aree sociali privilegiate, non ha i fondi necessari per coprire una
riforma seria degli ammortizzatori sociali: quella che sarebbe davvero
necessaria e che offrirebbe qualche copertura e qualche garanzia anche
ai giovani precari che oggi ne sono del tutto sprovvisti.
La riforma degli ammortizzatori sociali disegnata dalla ministra
Fornero, invece, si limita a raggruppare quelli già esistenti, senza
aggiungere niente. Nemmeno un lavoratore in tutta Italia otterrà, grazie
a questa riforma, una copertura che prima non aveva. L’intervento sulla
cassa integrazione, in compenso, avrà conseguenze tragiche per decine
di lavoratori. Come condizione per continuare a erogare la cassa
integrazione straordinaria il governo pone infatti una classica
condizione impossibile. Vuole che le aziende in crisi dicano in partenza
se alla fine del percorso ci sarà il risanamento o la chiusura.
Avanzare una simile richiesta è solo un modo ipocrita per tagliare
senza dirlo apertamente la cassa integrazione straordinaria, che
attualmente è di due anni in tutto il Paese e di tre anni nel sud.
Si tratta né più né meno che di un incentivo ai licenziamenti di
massa. Come se non bastasse, il governo progetta l’eliminazione della
mobilità e della cassa integrazione in deroga, sostituendole con
l’Assicurazione sociale per l’impiego. E’ un classico gioco di prestigio
ai danni dei lavoratori. Quest’ultima coprirebbe infatti un periodo più
breve senza ampliare affatto la platea interessata. Riguarderebbe solo
coloro che hanno almeno due anni di anzianità assicurativa e 52
settimane di lavoro nell’ultimo biennio, e i giovani precari sarebbero
tutti esclusi. Conclusione, se la riforma sarà davvero quella
prospettata in questi giorni saranno licenziati 200mila lavoratori senza
che ne venga nessun vantaggio per i giovani e per i precari in
generale.
Per coprire questo sfacelo, il governo usa il polverone ideologico e
propagandistico della riforma dell’articolo 18. Non si ripeterà mai
abbastanza che si tratta di un intervento che se da un lato colpisce
duramente i residui diritti dei lavoratori, dall’altro non comporta
nessunissimo vantaggio per il Paese. Impugnare la necessità di attrarre
gli investimenti delle aziende straniere è una goffa e clamorosa bugia.
Se quegli investimenti non arrivano è per tre motivi che con l’articolo
18 non hanno niente a che spartire: la corruzione, la tassazione smodata
del lavoro e le intollerabili lungaggini burocratiche.
Non è affatto vero, infine, che a queste misure, tanto feroci quanto inutili, non ci sia purtroppo alternativa.
Italia dei Valori ha già indicato un indirizzo concreto e non
ideologico che permetterebbe di avviare una riforma degli ammortizzatori
sociali capace di rispondere alle esigenze drammatiche dei giovani
precari. Bisogna assolutamente coprire i buchi sia retributivi che
contributivi: senza una misura del genere non si uscirà mai dalla
condizione di insicurezza permanente, per il lavoro oggi e per la
pensione domani, che impedisce ai giovani di progettare un futuro
dignitoso. I fondi necessari, a nostro parere, devono essere trovati in
prospettiva dalla lotta all’evasione contributiva, nella misura di 25
miliardi di euro. Nel frattempo, prima che questo introito entri a
regime, possono essere usati a questo scopo i 5 miliardi di utili annui
dell’Inps.
Mettere in campo proposte e strategie alternative pone però un
problema di ordine più generale e forse ancor più urgente: l’assenza di
un processo democratico di assunzione delle decisioni.
Una riforma che tocca direttamente la vita di milioni e milioni di
persone viene decisa senza nemmeno considerare l’ipotesi di consultare i
diretti interessati.
Ancora una volta i lavoratori si troveranno servito il piattino
avvelenato senza poter intervenire in alcun modo, senza il diritto di
approvare o respingere misure decise tutte sulla loro pelle.
La legge proposta dall’Italia dei Valori con l’obiettivo di
permettere ai lavoratori di approvare o bocciare col voto i contratti e
le scelte che li riguardano non serve dunque “solo” a ripristinare nei
luoghi di lavoro dinamiche democratiche che oggi sono di fatto disattese
in moltissime aziende a partire dalla Fiat. E’ anche la via maestra per
restituire ai lavoratori la possibilità di intervenire sulla gestione
di una crisi dalla quale il governo li vuol completamente tagliare fuori
anche se sono proprio loro, più di chiunque altro, a pagarne i prezzi.
Articolo pubblicato sul settimanale Gli Altri del 23 marzo 2012
Fonte:Italia dei Valori.it
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