I colpi di Stato? Oggi non si
fanno più coi carri armati, ma con un’abile gestione extraparlamentare
di magistrati, giornalisti ed economisti. «È il post-moderno,
bellezza!», ironizza il filosofo Costanzo Preve, che denuncia due golpe:
«Quello di Monti del 2011 non è il primo ma il secondo, dopo quello di
Mani Pulite del 1992», un “colpo di stato giudiziario” per abbattere il
sistema partitico della Prima Repubblica, «non certo più corrotto di
quello venuto dopo, ma pur sempre garante di un certo assistenzialismo
sociale e di una sovranità monetaria dello Stato nazionale, sia pure
all’interno dello schieramento post-bellico americano». Stavolta non c’è
stato neppure bisogno di manette: «Sono bastati i mercati
internazionali e soprattutto la regia di Napolitano, il rinnegato
ex-comunista passato al servizio degli americani».Già nel ’92, aggiunge Preve nel suo dialogo con Luigi Tedeschi sulla “mutazione antropologica degli italiani” pubblicato da Arianna editrice e ripreso da “Megachip”,
era stato decisivo l’ex Pci nell’assestare il “colpo di Stato
giudiziario extraparlamentare”, Stessi attori, sempre in prima linea:
«Allora per odio verso Craxi, oggi per odio verso Berlusconi,
entrambi già largamente indeboliti e delegittimati da asfissianti
campagne di stampa». Orfani di Berlinguer, quelli che Preve chiama
“rinnegati” si trovavano «improvvisamente privi di qualunque
legittimazione storico-politica,
ma ancora dotati di un seguito identitario inerziale da sfruttare come
risorsa politologica». I seguaci identitari «furono prima fanatizzati
contro Craxi (il corrottone, il porcone, il maialone), e poi contro Berlusconi
(il nano di Arcore, il puttaniere, il crapulone)». L’eterogenesi dei
fini, segnalata da Vico, si è sposata con l’astuzia della ragione
storica teorizzata da Hegel.
«La politica
non è stata sconfitta solo nel 2011, perché era già stata sconfitta nel
1992», aggiunge Preve. Inoltre, l’Italia nel 2011 non è stata sconfitta
solo una volta, ma due: la prima volta in Libia, dove «è stata
costretta dalla Nato a fare una guerra
contro i più elementari interessi nazionali ed economici, con barbarico
linciaggio finale del nazionalista panarabo nasseriano Gheddafi,
trasformato in feroce dittatore dai gestori simbolici monopolisti dei
cosiddetti “diritti umani”». La seconda volta appunto a Roma, con il
commissariamento diretto del suo governo. Destra e sinistra? Ormai sono
solo «segnali stradali e simboli di costume extra-politico». Esempio:
«La sinistra vota il transessuale Luxuria, mentre la destra non lo
voterebbe mai». Dicotomia ormai inesistente, eppure «continuamente reimposta, per motivi di tifo sportivo, dal ceto intellettuale».
Pura manipolazione simbolica, dice Preve, dotata di un potere
inerziale ancora forte anche se non più fondato sulla realtà. «Quando
Bobbio difese la dicotomia, sostenendo che la sinistra era egualitaria e
la destra anti-egualitaria, descriveva uno scenario sorpassato, perché
questo scenario presupponeva la sovranità monetaria dello Stato
nazionale e delle scelte politiche alternative di redistribuzione dal
reddito». Ora questo scenario non esiste più. Ad al suo posto, ci sono
solo «questioni di gusto estetico e di snobismo culturale». La classe politica
? «Si è allineata a Monti non per responsabilità, ma proprio per il suo
contrario, per deresponsabilizzazione». I politici, «ricattati dalle
polemiche contro la “casta” e inseguiti dalle plebi furiose per i loro
privilegi alla mensa semigratuita di Montecitorio», si sono «consegnati
ad una “giunta di economisti” per cercare di zittire, almeno
provvisoriamente, il linciaggio mediatico».
Quello di Monti? Un ben strano liberalismo, perché il fondamento del
liberalismo nella sua moderna forma liberaldemocratica è la volontà
popolare espressa da un corpo elettorale sovrano, laddove il caso della
Grecia, ma anche quello della giunta Monti, ci mostra l’esatto
contrario. «Nel Medioevo c’erano i Re Taumaturghi. Ma oggi il medioevo è
finito, e ci sono gli Economisti Taumaturghi». Il modello capitalistico
di Smith ed il modello comunista di Marx, ricorda Preve, avrebbero
entrambi dovuto funzionare senza Stato, o con uno “Stato minimo”
tendente verso lo zero. «Pura utopia modellistica astratta». In realtà,
il comunismo di Marx nel ‘900 «funzionò unicamente con lo Stato, anzi
con uno stato autoritario di partito monopolista del potere, dell’economia e della cultura». Idem il capitalismo
di Locke e di Smith: «Funzionò unicamente incrementando il dirigismo
statale al servizio dell’accumulazione capitalistica».
Poteva andare diversamente? No, perché «un mercato puro, senza
intervento riequilibratore di un potere statale, getterebbe nella
miseria più nera la stragrande maggioranza della popolazione». Finché
sono ancora in funzione le solidarietà comunitarie pre-capitalistiche
(famiglia, tribù), c’è ancora riparo, ma con la generalizzazione
dell’individualismo anomico ci sarebbe solo la guerra
di tutti contro tutti, come mostra il tragico esempio della Grecia di
oggi. «E’ dunque del tutto triste, ma anche fisiologico, che al bel
comunismo utopico ma inapplicabile di Marx succeda il comunismo
autoritario ma “realistico” di Lenin e di Stalin. Ed è pertanto
fisiologico che al capitalismo utopico di Locke e di Smith succeda il
capitalismo oligarchico ma “realistico”, di Draghi e di Monti».
La «dittatura oligarchica dei mercati di Draghi e di Monti» è fuori
dal liberismo che si studia nelle università: «Si tratta di uno scenario
completamente nuovo, di un capitalismo assoluto o “speculativo”».
Potremo difenderci da questa sorta di “stalinismo occidentale”? Non nel
breve periodo, dice Preve: «Non possiamo aspettarci a breve termine un
risveglio di coscienza e di conoscenza: troppo forti sono le forze
inerziali della simulazione destra-sinistra, dell’identitarismo di
partito di origine Pci, dell’antifascismo in assenza di fascismo e
dell’anticomunismo in assenza di comunismo, oltre alle cantilene del
politicamente corretto». Per il filosofo, «questa dittatura dei mercati è
ancora relativamente nuova ed inedita, ed é normale che in questo
momento domini la paura ed il ricatto del mancato pagamento dei salari e
delle pensioni». La realtà? «Siamo appena all’inizio del “tempo di cottura” che la storia ci prepara: la ricetta vuole il suo tempo».
Monti coltiva un disegno pericoloso: «Vuole attuare un progetto di
ingegneria antropologica tipica del fanatico liberista che è».
Mettendosi consapevolmente sulla scia di chi ha definito i giovani
“bamboccioni” e “sfigati”, e non vittime di un ignobile sistema di
lavoro flessibile e precario, Monti vorrebbe una sorta di artificiale
anglosassonizzazione forzata della figura storica dell’italiano. «Come
tutti gli economisti professionali, egli è probabilmente del tutto
ignaro di storia e di filosofia, che ha certamente abbandonato con la
fine degli studi liceali» e quindi sembra non sapere che l’utopia
dell’uomo “nuovo”, dell’uomo rinato, «non nasce affatto con l’ingegneria
economica oligarchica neo-liberale e le sue ignobili porcherie sul
“lavoro fisso noioso”, la cui oscenità raggiunge quella di chi mette un
affamato in guardia contro i pericoli dell’obesità e del colesterolo».
Stalin fu un grande sostenitore della “creazione sovietica dell’uomo
nuovo”: «Ne abbiamo visto le conseguenze a medio termine, poco più di
mezzo secolo». Il progetto di “americanizzazione antropologica forzata
dagli italiani”, iniziata sul piano del costume con la sconfitta
militare del 1945 «addossata al solo fascismo», secondo Preve «solo ora,
nel 2012, può realmente dispiegarsi senza ostacoli, con l’integrazione
completa in questo progetto del ceto politico e del clero intellettuale,
giornalistico ed universitario». Monti sembra “l’uomo dei tedeschi”,
perché da essi mutua la politica recessiva e l’ossessione anti-keynesiana del pareggio del bilancio, ma in realtà è “l’uomo degli americani”: «Si è creduto a lungo che una Europa unificata dall’euro potesse in prospettiva fare da contraltare strategico all’arroganza unipolare degli Usa, e con questo argomento l’unità europea fu “venduta” alla sinistra ed al suo variopinto circo intellettuale».
La tradizionale disattenzione degli italiani per la politica estera, «tipica di un paese privo di sovranità politica
e militare», ha fatto sì che passassero praticamente inosservate le
nomine dei nuovi ministri degli esteri e della difesa, «un diplomatico
di carriera amico della Clinton ed un ammiraglio bombardatore in
Afghanistan per conto della Nato». I due personaggi che hanno sostituito
«i precedenti pittoreschi berlusconiani Frattini e La Russa», in realtà
sono «servi degli Usa al cento per cento». Berlusconi?
Non poteva certo piacere a Washington: non solo per il suo «stile di
vita immorale di puttaniere, improponibile all’ipocrita puritanesimo Usa»,
ma soprattutto per i suoi “giri di valzer” con Gheddafi e con Putin,
«fatti non certo per ragioni politiche o geopolitiche, ma per il vecchio
fiuto del faccendiere e del venditore “chiavi in mano”». E ora, eccoci
serviti. «Sono ottimista sulla nascita di anticorpi di resistenza –
conclude Preve – ma ci vorrà sicuramente del tempo: probabilmente, molto
più tempo di quello che resta alla nostra generazione».
Fonte:Libre associazione di idee
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