Spread alle stelle, borse che crollano. Cosa succede? «Sta crollando questo capitalismo basato integralmente sulla finanza
e non sull’industria, sull’artigianato, sulla manifattura, sui
fondamentali». Simone Perotti, ex manager convertitosi in skipper e
scrittore di successo – dopo il besteller “Adesso basta” l’ultimo
lavoro, “Scollochiamoci”, scritto per “Chiarelettere” , Paolo Ermani –
non ha più dubbi: dopo due secoli e mezzo il nostro capitalismo «sta
arrivando alla sua ultima fermata», ormai «i nodi vengono al pettine e
non si può che assistere all’agonia di un mostro impazzito che è
sfuggito al controllo del suo creatore». Un mostro o, a scelta, un
grande malato: che «nessuno dei grandi medici accorsi al suo capezzale
riesce a curare». Quella a cui stiamo assistendo è un’agonia: non ne
siamo responsabili, se non in minima parte, e non possiamo farci nulla. A
meno di non adottare l’unica arma di autodisfesa a nostra disposizione:
cambiare vita, e subito.
Secondo Perotti, intervistato dal blog “Cado in piedi”, si tratta di trovare il modo di mettersi al riparo dalla crisi, per quanto possibile, evitando di scivolare nel baratro cieco della recessione terminale che minaccia l’Europa,
l’Occidente e tutto il pianeta, sotto la scure delle inutili e crudeli
politiche di “rigore” inventate dagli stessi dominus della finanza mondiale, i principali “architetti” di una crisi
che, attraverso la speculazione, garantisce immense fortune a
pochissimi, a spese di tutti gli altri. La soluzione? «Vivere in maniera
più sobria, vivere di poco, disertare la Borsa e qualunque investimento
finanziario». Inutile aspettarsi miracoli dal fantasma della politica:
si può agire in proprio, tutti insieme. Per esempio, con investimenti
quotidiani e mirati: «Meglio utilizzare il proprio denaro (poco o tanto
che sia) per fare cose che abbiano un senso chiaro, magari
autoproducendo una parte del nostro cibo, forse creando valore per la
produzione di energia che ci serve realmente e concretamente per
scaldarci». Tradotto: «Pensiamo a installare un pannello solare, invece
di comprare le azioni di chi li produce».
Intanto la disoccupazione giovanile è esplosa e solo 2 assunzioni su
10 sono a tempo indeterminato. Per i giovani sembra non ci siano vie
duscita: il futuro
è letteralmente abolito dal cupo orizzonte disegnato dai tecnocrati
europei, emissari delle élite finanziarie. «I giovani – dice Perotti –
sono stati in difficoltà forte anche quando avevano 18 anni nel 1946 e
avevano magari un genitore morto in guerra
e due zii che erano stati fatti sparire dai nazisti perché erano dei
partigiani, e magari crescevano in una zona bombardata dagli inglesi via
mare in cui non c’era neanche il ponte per andare al di là del
Bisagno», il torrente che bagna Genova, città natale dello scrittore.
Tempi duri: il dopoguerra, la fame, l’impossibilità di studiare: il
dolore di quei ragazzi, aggiunge Perotti, è paragonabile alle difficoltà
della generazione attuale, come se di colpo i giovani fossero stati
scaraventati indietro di oltre mezzo secolo. «Ma poi i ragazzi sono
usciti, hanno fatto quello che ritenevano giusto fare, la possibilità se
la sono costruita: i nostri giovani devono fare un po’ la stessa cosa».
«Sono abbastanza critico rispetto a chi guarda i giovani con
paternalismo, pensando siano l’unica generazione di sfigati in una
storia dell’umanità in cui i giovani hanno sempre avuto tutte le
opportunità: non è vero, non è mai stato così», premette Perotti, in
sintonia con le tesi che Giampaolo Pansa ha esposto nel suo ultimo
lavoro autobiografico, “Poco o niente”, che rievoca le impensabili
durezze con cui si dovettero confrontare le generazioni precedenti. Ogni
epoca lancia le sue sfide, sostiene Perotti, e i giovani hanno comunque
le carte in regola per per affrontarle, con entusiasmo e magari un pizzico
di idealismo, rischiando cocenti disillusioni ma avendo dalla loro
parte quantomeno l’età. «Direi che quelli che sono messi peggio sono i
quarantacinquenni, i cinquantacinquenni che magari hanno perso un po’
l’abbrivio, che forse il meglio di loro l’hanno già dato e che devono
fronteggiare una situazione molto difficile».
Questo però non costituisce un’attenuante: se solo 2 assunzioni su 10
sono a tempo intederminato significa che «il sistema ha mentito: non può
essere drenata tutta la forza lavoro così come era stato promesso».
Otto giovani su dieci restano senza garanzie? E’ la prova della
“bufala”, del sistema basato su false promesse. «Questo è un Paese che
ha delle vocazioni ben chiare: basterebbe ripulirlo da tutta
l’immondizia che c’è in giro sulle coste, sulle spiagge, nelle montagne,
dovunque c’è un patrimonio turistico, naturalistico, architettonico,
paesaggistico e artistico che ha grande valore per noi, ma che noi
teniamo malissimo». Secondo Perotti, «basterebbe ripulire l’Italia
proprio togliendo le carte per terra e già lavorerebbero migliaia di
persone». Lavoro utile, e per tutti? Basterebbe bonificare i siti ex
industriali e restaurare l’immenso patrimonio storico. Nessun paese al
mondo ha così tante risorse, e nessuno le spreca come fa l’Italia:
stiamo dilapidando la nostra cassaforte turistica, quella che ci
salverebbe, con scelte sempre sbagliate o fuori tempo massimo.
Fonte:Libre.it
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