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lunedì 9 luglio 2012
Ragazzi, perché litigate ancora sul nucleare?
Il nucleare civile (esclusi casi limite come l'Iran) oggi non è questione politica né ideologica. Anzi qui in Italia è una questione ormai chiusa. Questa fonte energetica, che presenta indubbiamente alcuni pregi e vantaggi, ebbe una notevole espansione negli anni '60 e '70, sia in Occidente (Italia inclusa) che in Unione Sovietica e paesi satelliti. Prima del grave incidente di Three Mile Island(USA, 1979) era largamente diffusa l'ottimistica convinzione che il pericolo di fuga radioattiva da una centrale atomica fosse insignificante. La fede nella tecnologia l'aveva confinato fuori dalla realtà, come un'invasione della Terra dagli alieni, roba da film del genere catastrofico (per una strana coincidenza Sindrome Cineseuscì nei cinema americani pochi giorni prima dell'incidente). La fuga radioattiva in Pennsylvania (dovuta a parziale fusione del nocciolo del reattore), pur senza causare vittime immediate, causò il blocco immediato delle commesse di nuove centrali nucleari negli USA. L'impatto sul programma nucleare degli altri paesi fu assai più blando. Per es. in Italia nei primi anni '80 iniziammo a costruire la grande centrale di Montalto di Castro, che con due grossi reattori BWR(analoghi a quelli di Fukushima) da 1 GW l'uno avrebbe più che raddoppiato la nostra potenza nucleare istallata. Però sopraggiunse il disastro di Chernobyl(1986), che segnò l'inizio del lento ma inesorabile declino del nucleare nel mondo, che perdura tuttora e che ha subìto un'accelerazione nel 2011 dopo Fukushima. In Italia ci fu un referendum dopo Chernobyl (che portò allo spegnimento dei nostri 4 reattori, mentre a Montalto si realizzò una centrale convenzionale) e un altro dopo Fukushima (che bocciò senza appello il piano nuclearista del governo Berlusconi, piano peraltro mai definito in modo men che fumoso). Negli USA le commesse sono lentamente ripartite solo da pochi anni, soprattutto grazie agli incentivi pubblici assicurati sia dal repubblicano Bush che dal democratico Obama. Le prime richieste di licenze per costruire nuovi centrali sono pervenute alla Nuclear Regulatory Commission (NRC) solo nel 2007. Difficilmente il mero shock emotivo dovuto a un incidente può spiegare uno stop così lungo, una sorta di moratoria virtuale, nel rinnovamento del parco reattori (104 unità) della nazione che ospita colossi dell'industria dell'atomo (Westinghouse, General Electric) e che detiene tuttora più di un quarto della potenza istallata nel nucleare civile mondiale. La severissima NRC concede licenze con il contagocce (appena due fino al febbraio 2012) e i cantieri stentano a ripartire. A oggi negli USA (così come in Francia che di reattori ne ha 58) è in costruzione un solo nuovo reattore, l'unità 2 della centrale di Watts Bar, che secondo l'autorità per l'energia del Tennessee dovrebbe entrare in funzione a fine 2015 (con un costo addizionale tra 1,5 e 2 miliardi di dollari oltre quello previsto di 2,5 miliardi). Un solo nuovo reattore entro il 2015, più altri due (forse) entro il 2017, è ben poco per rimpiazzare decine di impianti ormai molto vecchi e tecnicamente obsoleti. Un dato ancora più sconfortante per i sostenitori della cosiddetta rinascita nucleare americana è la data dell'inizio dei lavori a Watts Bar-2: primo dicembre 1972 (sic). Consoliamoci: anche gli USA hanno la loroSalerno-Reggio Calabria, ed è una centrale atomica! Peggio ancora sono andate le cose a Yucca Mountain, località nel deserto del Nevada dove erano iniziati i lavori per un'opera faraonica ma necessaria: il grandedeposito nazionale a lungo termine di scorie radioattive (attualmente stoccate in siti provvisori presso le varie centrali). Dopo averci speso una decina di miliardi di dollari, il progetto è stato abbandonato senza deliberare nessuna soluzione alternativa. I motivi non sono chiari, ma alla fine devono aver capito che il costo finale previsto per il deposito geologico (intorno ai 100 miliardi di dollari) era solo una stima ottimistica. Per inciso anche in Italia c'è assoluta incertezza sul destino delle scorie delle nostre vecchie centrali. Un altro caso emblematico è quello della Germania, altro paese fortemente nuclearizzato e anch'essa (almeno fino a ieri) tra i leader mondiali dell'industria nucleare civile. Hanno definitivamente spento 8 dei loro 17 reattori, i rimanenti lo saranno entro il 2022. Anche qui è difficile spiegare la scelta in termini politici (assecondare l'opinione pubblica maggioritaria) o emotivi. La Germania aveva iniziato a pianificare attentamente il suo futuro energetico già prima di Fukushima, puntando sulle rinnovabili e sull'efficienza energetica e prefiggendosi obiettivi precisi e ambiziosi. Per ora i risultati sono migliori delle previsioni (basta ricordare il boom del fotovoltaico che nel primo semestre 2012 è cresciuto in Germania del 50%), ma l'obiettivo minimo di rimpiazzare in modo indolore l'aliquota del nucleare nel mix energetico nazionale sembra a portata di mano. Analoga e ponderata scelta ha compiuto il colosso tedesco Siemens che tramite l'AD Peter Loscher nel settembre scorso, insieme alla rinunzia alla prevista joint venture con la russa Rosatom, ha annunciato che il nucleare ''è un capitolo chiuso'' mentre l'azienda investirà in modo massiccio nel settore delle rinnovabili. In precedenza Siemens era uscita dal consorzio con Areva, che stava costruendo un grande e sofisticato reattore di terza generazione avanzata in Finlandia (a costo di risarcire con quasi 1 miliardo di dollari l'azienda francese). A proposito dell'EPR da 1,6 GW in costruzione a Olkiluoto dal 2005, il cui completamento era inizialmente previsto per il maggio 2009, segnalo un ulteriore slittamento della data di consegna all'agosto 2014. Da questi esempi si evince che la crisi del nucleare in atto da decenni nel mondo (con le eccezioni di Cina, India, Corea e Russia, dove si concentrano i 3 quarti di tutti i reattori in costruzione) è dovuta essenzialmente afattori tecnici ed economici. Le centrali di ultima generazione, grazie ai loro molteplici sistemi di sicurezza attiva e passiva, pur non essendo invulnerabili sembrano molto più sicure di quelle precedenti (che però sono ancora la quasi totalità degli impianti in esercizio). Per es. incidenti dovuti a errori umani come quelli di Three Mile Island e Chernobyl sono impensabili in una centrale Gen III+. Però la sicurezza ha costi enormi, specie agli standard elevatissimi richiesti dalle autorità di controllo dei paesi occidentali. Basta ricordare che nemmeno i sofisticatissimi Areva EPR e Westinghouse AP1000 sono stati immuni da forti critiche e dubbi sollevati dalla finlandese STUK e dall'americana NCR rispettivamente. Secondo Scientific American, rivista tradizionalmente nuclearista, al netto dei ritardi nelle fasi di concessione della licenza e di costruzione, oggi una nuova centrale atomica costa per megawatt almeno il doppio di un impianto a carbone e il quintuplo di un impianto a gas naturale. Questi enormi costi d'impianto possono essere bilanciati dai minori costi d'esercizio (legati al basso costo del combustibile) solo se gli impianti nucleari lavorano al massimo dell'operatività per molti anni, certo molti di più della vita media dei reattori finora dismessi nel mondo (circa 22 anni, senza considerare i lunghi e frequenti periodi di fermo per manutenzione straordinaria). Almeno altrettanto grandi, e per giunta spesso a carico delle collettività, sono i costi per la dismissione degli impianti e per lo stoccaggio e/o riprocessamento delle scorie radioattive. Un'ultima considerazione, banale ma decisiva. Il nucleare, come tutte le altre fonti non rinnovabili, è destinato a esaurirsi. Con le attuali tecnologie e l'attuale produzione di energia elettronucleare, le riserve accertate di uranioestraibile a costi calcolabili dureranno circa 80 anni. Ma il nucleare oggi copre meno del 5% del fabbisogno mondiale di energia primaria. Se, per ipotesi, pensassimo di sostituire il petrolio con il nucleare, l'uranio basterebbe per appena un decennio (e il prezzo schizzerebbe alle stelle). Piaccia o no, il futuro energetico dell'umanità appartiene alle fonti rinnovabili.
di Fosforo31
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