Cosa
festeggia l’Europa? E cosa festeggiano i nostri solerti commentatori di
ritorno dalle kermesse o meno? La vittoria di Pirro del gruppo
conservatore che tanto bene rappresenta questa Ue di ricatti, egoismi e
trucchetti? Oppure festeggiano il fatto di aver ancora una volta
allontanato l’uscita della Grecia dall’Euro che potrebbe mettere a nudo i
meccanismi e le bugie con cui il sistema finanziario tiene per la borsa
il continente?
Non ha molta importanza, se brindano vuol dire che non hanno capito
proprio niente: la vittoria di Samaras è più fragile dei fini cristalli
dove finisce il breve champagne di una mattina. L’aumento di Nuova
democrazia è avvenuto erodendo altre formazioni di destra, la Grecia non
solo rimane a sinistra, ma rimane anche in maggioranza contraria ad
aderire ai diktat finanziari e bancari. Fare un governo sarà
difficilissimo, fare un governo che davvero si pieghi a tutto richiederà
una volontà suicida del Pasok, fare un governo stabile sarà
impossibile. Insomma la paura diffusa a piene mani per mesi, i ricatti ,
le forzature, le promesse fasulle di salvezza, le enormi pressioni da
tutto il mondo e decine di milioni in “spese di rappresentanza”, hanno
prodotto un topolino, una manciata di voti.
I mercati, al contrario dei commentatori nostrani di destra e ahimè
anche di sinistra, lo sanno e per questo non festeggiano affatto, anzi
giocano al ribasso e fanno di nuovo salire i nostri spread: il
terrorismo bancario, esercitato con violenza inedita da quasi un secolo a
questa parte (la precedente vittima fu l’attuale carnefice, cioè la
Germania) non è riuscito nel suo intento di piegare un piccolo Paese,
ma solo di raggranellare qualche mese. Un fallimento per chi forse
pensava che i tempi fossero maturi per derubare la sovranità democratica
con poca resistenza. Non solo non si è ottenuto questo, ma si sono
messi in moto meccanismi perversi i cui effetti non tarderanno a farsi
sentire.
Forse la vicenda elettorale greca è anche un memento per quei partiti
di ispirazione socialista e socialdemocratica che in tutto il
continente perdono voti fino quasi a scomparire quando rinunciano al
senso stesso della loro esistenza che in questi anni -perdonate il gioco
di parole – sta proprio nella resistenza al grande assalto
dell’economia finanziaria alla civiltà del lavoro. Il Pasok è ormai un
partitino e altri si apprestano a seguirne il destino se non
comprendono in tempo che la battaglia non è persa, ma appena cominciata.
E se scambiano per vittorie, le sconfitte.
Fonte:ilsimplicissimus2.wordpress.com
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