domenica 8 gennaio 2012

I favori di B. alla lobby delle armi

Troppe pistole in giro, dice il sindaco. Perché? Perché ci sono in giro troppe pistole in Italia? A sollevare il problema è il sindaco Gianni Alemanno, quello che garantiva che Roma sarebbe cambiata con il suo governo, e lo spettacolo degli omicidi e delle gambizzazioni ci fa comprendere in che senso lo intendesse. Ma Daniele Martini sul Fatto ci spiega anche perché: Il sindaco ha perfettamente ragione a segnalare che “ci sono troppe armi in giro e troppa disinvoltura nell’usarle”, ma non può ignorare che, se ciò avviene non è colpa di congiunzioni astrali, ma è anche grazie ad un atto del governo passato, espressione di quella maggioranza di cui lui stesso è uno degli esponenti più in vista. Secondo gli esperti, la soppressione del Catalogo istituito nel 1975 è una svolta niente affatto rassicurante. Spiega Emilio Emmolo dell’Archivio disarmo, l’or ganizzazione che da decenni svolge indagini e ricerche sull’i ndustria e il commercio delle armi in Italia: “L’iscr izione dell’arma nel Catalogo costituiva la garanzia della tracciabilità attraverso il numero progressivo d’iscrizione, la descrizione e il calibro, il produttore o l’importatore. Adesso quel registro è sparito: Con la soppressione di questo registro si elimina un altro anello della catena per il controllo sulla diffusione di armi e la diminuzione dei controlli è molto pericolosa”. Anche l’ex magistrato e senatore Pd, Felice Casson, durante il dibattito parlamentare aveva messo in guardia nei confronti dei rischi e dei pericoli che si sarebbero corsi eliminando il Catalogo, sostenendo che così si sarebbe fatto un favore alla criminalità. In Italia circolano già molte armi. Secondo l’Eurispes sono 10 milioni quelle detenute legalmente, 34mila i porto d’a rmi per difesa personale, 50mila quelli delle guardie giurate, 178mila i permessi per il tiro a volo. Il governo Berlusconi aveva decretato la soppressione del Catalogo con il maxiemendamento alla legge di stabilità 2012 poi approvato con il voto di fiducia. La giustificazione formale della decisione era che così sarebbe stata introdotta una semplificazione amministrativa: D’ora in avanti, però, sarà molto più complicato per chiunque riuscire a distinguere tra i vari tipi di arma messi in circolazione e sarà più arduo segnare il confine di demarcazione tra armi vendute per la caccia e lo sport e altri tipi di armi, addirittura da guerra. C’è il rischio, insomma, che anche da noi possano essere venduti al dettaglio ordigni micidiali come pistole mitragliatrici e simili. Berlusconi era stato molto comprensivo con gli industriali delle armi anche con l’approvazione di un articolo della legge Comunitaria contenente modifiche in senso permissivo al controllo delle esportazioni di armi. L’Italia è molto attiva in questo settore. L’ultimo rapporto dell’Archivio disarmo certifica che l’esportazione di armi leggere, munizioni ed esplosivi non conosce crisi. Fu di 439 milioni di euro nel biennio 1997-’98, raddoppiò a metà del primo decennio del- Duemila, è salita a più di 1 miliardo nel biennio 2009-’10, con un incremento del 10 per cento sul biennio precedente. Gli industriali italiani hanno continuato a vendere armi ai paesi della primavera araba anche nei momenti più caldi ed esportano perfino in Stati sotto embargo Onu, dove si combatte o dove i diritti umani sono calpestati, come Afghanistan, Thailandia, Filippine, Colombia, Kenia. fonte: Giornalettismo

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