sabato 18 febbraio 2012

Wulff, il presidente imposto da Merkel tradito da un prestito e qualche favore

Considerato da molti un arrivista, l'ex governatore della Bassa Sassonia fu il candidato della cancelliera che forse voleva così togliersi un possibile rivale nella Cdu. Dopo le prime accuse, ha tentato di mettere il bavaglio alla stampa e questo passo gli è stato fatale.
BERLINO - Risveglio amaro per Angela Merkel, e brutta sorpresa made in Germany per l'Eurozona intera che a causa di problemi interni tedeschi vede rinviato l'importante vertice con Mario Monti sulla salvezza dell'euro e dell'economia. Le dimissioni del presidente Christian Wulff travolto e ora indagato per accuse di diversi casi di abuso di potere sono l'epilogo di una strategia da apprendista stregone, che la cancelliera aveva messo in atto per avere a ogni costo il suo candidato come capo dello Stato.

Pur avendo avuto a suo tempo un'alternativa di presidente bipartisan autorevole, molto più convincente e presentabile, un altro cristianoconservatore. Cioè il pastore protestante Joachim Gauck, ex eroe del dissenso perseguitato dalla dittatura comunista tedesco-orientale (Ddr, caduta nel 1989 dopo la rivoluzione polacca), e poi capo dell'autorità di controllo e indagine sui dossier della Stasi, cioè la disciolta 'Gestapo rossa', l'odiata e sanguinaria polizia segreta della Ddr stessa.

Adesso Gauck potrebbe tornare in scena come candidato a nuovo presidente, ma anche questo per Angela Merkel sarebbe uno smacco. La sua testardaggine di allora la ripaga con un serio problema politico interno che può indebolirla come immagine anche oltre confine.

La vicenda di Christian Wulff è stata fin dall'inizio la storia di un politico giovane e dinamico in apparenza, ma giudicato da molti anche nei ranghi del suo partito (la Cdu, il partito di Angela Merkel) troppo arrivista, opportunista, di poco spessore, e in colloqui privati descritto a volte come un inaffidabile parvenu dalla vecchia guardia degli ex collaboratori del padre della riunificazione e dell'euro, Helmut Kohl.

Christian Wulff era governatore cdu della Bassa Sassonia (il ricco Stato dell'Ovest, capitale Hannover, lo Stato comproprietario del gigante Volkswagen) quando il suo predecessore a capo dello Stato, Horst Koehler - ex presidente del Fondo monetario internazionale, senza partito ma vicino alla Cdu - aveva scelto di dimettersi. Non per scandali né per accuse di abuso di potere. Ma soltanto perché aveva definito la presenza militare in Afghanistan come esempio di possibile legittimo uso delle forze armate per gli interessi nazionali, e questa esternazione gli aveva attirato un coro di critiche.

Era la fine del 2010. Merkel era stata riconfermata cancelliera poco più di un anno prima, nel settembre 2009, e aveva formato una coalizione con i liberali (Fdp) rompendo la grosse Koalition con i socialdemocratici (Spd) con cui aveva governato nel quadriennio di legislatura precedente (2005-2009). Fu lei a volere a ogni costo Wulff come candidato presidente, mentre la Spd col consenso anche di molti conservatori aveva proposto il pastore Gauck. In Germania il capo dello Stato ha poteri essenzialmente rappresentativi, più ridotti anche rispetto a quelli dell'ospite del Quirinale. Ma la scelta del candidato riflette ovviamente equilibri e rapporti di forza politici. E Merkel volle anche parcheggiare quel possibile rivale nel potere interno nella Cdu in una carica che lo rendeva per lei inoffensivo.

Gli scandali sono venuti alla luce qualche mese fa. Quando si cominciò a dire che Wulff, usando la sua posizione di governatore della Bassa Sassonia, aveva ottenuto un credito privato a condizioni di favore, cosa non compatibile con le norme bancarie tedesche. Esasperato dagli attacchi della stampa, il presidente aveva compiuto un fatale passo falso. Aveva telefonato a Kai Diekmann, direttore di Bild (il quotidiano popolare più letto d'Europa). Non trovandolo, aveva lasciato sulla segreteria telefonica un messaggio in cui, con tono minaccioso, chiedeva di smetterla di parlare dei suoi affari. E siccome in Germania la libertà di stampa è presa sul serio, Bild ha raccontato tutto, telefonata minatoria compresa.

Altre accuse di presunto abuso di potere sono venute poi a pioggia. Vacanze a prezzi di favore, biglietti aerei in classe turistica trasformati in biglietti business, noleggio di una bella Audi a condizioni speciali per la giovane moglie Bettina, vacanze di lusso a Sylt (l'esclusiva isola di ferie dei vip tedeschi nel nord) offerte da un amico imprenditore. E poi voci di influenza illecita nella scalata di Volkswagen a Porsche. Troppe accuse, troppe mezze smentite. Quasi fino all'ultimo Angela Merkel ha espresso fiducia in Wulff. Ma ieri sera, la magistratura ha chiesto al Bundestag (il Parlamento federale) di togliere l'immunità al capo dello Stato per poter aprire indagini sui casi suddetti. A quel punto, la situazione è precipitata e così si è arrivati alle sue dimissioni odierne. E alla cancellazione del vertice Merkel-Monti.

Adesso, comunque evolvano le vicende giudiziarie e il destino personale di Christian Wulff, la Germania dovrà eleggere un nuovo capo dello Stato. Il presidente della Repubblica federale è eletto dall'assemblea dei grandi elettori, cioè parlamentari più rappresentanti dei 16 Stati e della società. Il difficile tentativo di trovare un candidato omogeneo con lei e la sua maggioranza assorbirà non poco tempo ed energia di concentrazione di Angela Merkel, proprio mentre il dramma greco e la crisi dell'eurozona esigono una forte leadership tedesca.

Ma la prima potenza europea, sempre pronta a rimproverare in Europa tutti i governi (con la curiosa eccezione del regime del premier magiaro Viktor Orbàn, il cui partito Fidesz per scelta della Cdu continua a essere nel gruppo popolare, Ppe, al Parlamento europeo pur non avendo nulla a che vedere con la cultura e le eredità di Adenauer, Kohl o De Gasperi), fa ora subire all'eurozona intera le conseguenze di una sua instabilità politica le cui radici sono in una scelta fatta nel 2010 dalla 'donna più potente del mondo' in persona. Chi semina vento raccoglie tempesta. (17 febbraio 2012) 

Di Andrea Tarquinio, fonte www.repubblica.it

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