L’Europa
è stanca: di “rigore” si può morire, e non se ne vede il motivo. Mentre
l’Olanda andrà ad elezioni anticipate, in mancanza di un accordo
politico “lacrime e sangue” per rispettare i diktat di bilancio del
Fiscal Compact – lo Stato obbligato a ridurre ulteriormente la spesa
sociale per contenere il debito – il primo turno delle presidenziali
francesi punisce “Merkozy” e premia sia la sinistra di François Hollande
che l’estrema destra di Marine Le Pen, entrambe contrarie alla
“dittatura della Bce”. A differenza dell’Italia, dove Pd
e Pdl al riparo di Mario Monti eseguono alla lettera il programma di
austerity imposto da Bruxelles, o della Spagna, dove il neopremier
Mariano Rajoy applica le durissime direttive di Francoforte, da Parigi
ad Amsterdam la scure tecnocratica dell’eurocrisi sembra destinata ad
incontrare un ostacolo imprevisto: la politica.
Messa in soffitta dai grigi burocrati non-eletti che hanno in pugno il governo di un’Europa berlinocentrica, le cui maschere Merkel e Draghi impugnano l’euro per favorire ad ogni costo l’export della Germania, proprio la politica
– cacciata dalla porta e, in Italia, messa addirittura al bando come
fosse una pericolosa malattia – rientra dalla finestra ad imporre
drastici cambiamenti nell’agenda pubblica: «In queste due settimane –
scrive Gad Lerner nel suo blog, pensando già al secondo round delle elezioni francesi – si gioca molto del prossimo futuro dell’Europa,
e chissà che deciderà di fare Angela Merkel, una delle protagoniste di
questa campagna elettorale, insieme all’austerità imposta dal suo
governo e dalla Bce. Il pensiero dei francesi su questo tema è stato
chiarissimo, e visto quanto sta succedendo nei Paesi Bassi, non si può
non notare come chi sostiene l’austerità affonda nei consensi».
In Olanda, infatti, proprio la recessione e l’austerità imposta dalla Commissione Europea mette in crisi
l’esecutivo di Mark Rutte: la coalizione di centro-destra ha perso il
determinante appoggio esterno della destra xenofoba euro-scettica di
Geert Wilders. «Non lasceremo scorrere, a causa di Bruxelles, il sangue
dei nostri pensionati», ha detto Wilders, “staccando la spina” dalla
maggioranza, alle prese con la “cura dimagrante” imposta anche agli
olandesi: un ritocco dell’Iva, il congelamento dei salari pubblici e tagli
(per ora contenuti) alla sanità e alla cooperazione per lo sviluppo.
«Le misure di rigore olandesi appaiono modeste, se confrontate con le
manovre “lacrime e sangue” attuate in Grecia, ma pure in Italia, Spagna,
Portogallo e altrove», scrive Giampiero Gramaglia sul “Fatto Quotidiano”. Eppure, la politica
olandese non ci sta. «Certo, l’Olanda rischia ora di vedere declassato
il suo debito dalle agenzie di rating, che già danno segnali di
nervosismo. Ma questo sarebbe un altro regalo a Wilders e al suo
partito».
Difendere la Francia dalla finanza:
è la parola d’ordine che Hollande rilancia, un minuto dopo l’esito
degli exit poll che lo proiettano in testa nella corsa all’Eliseo,
mentre il candidato dell’ultrasinistra Jean-Luc Melenchon esorta i suoi
supporter a votare senza riserve per Hollande, al ballottaggio. La
sinistra francese – socialista e radicale – è divisa sulle cifre, ma non
sulla sostanza: se l’Europa di Bruxelles predica la teologia del rigore e impone tagli al welfare,
sia Hollande che Melenchon “rispondono” a modo loro: promettono di
ridurre l’età pensionabile e di introdurre un “reddito di cittadinanza”
per chi non lavora – secondo Melenchon, almeno 1.700 euro mensili.
«Aspetti degni del massimo interesse – dice l’ex presidente della
Camera, Fausto Bertinotti – specie se messi a confronto con l’attuale politica italiana», incapace di uscire dal panico per i ricatti del super-potere: Europa, finanza, spread, agenzie di rating, sanità e pensioni, riforma “punitiva” del lavoro.
Da Marchionne a Monti, domina la minaccia dell’emergenza permanente a motivare tagli a senso unico, con Pd
e Pdl praticamente ammutoliti – all’ombra di Elsa Fornero e Giorgio
Napolitano – senza che siano in campo vere soluzioni politiche. Motivo:
«Non c’è un’ombra di visione», dice Giulietto Chiesa: «Manca
completamente la percezione della gravità della crisi e delle sue cause: nessuno ammette che non potremo più “crescere” come prima, specie in un sistema con regole truccate, democrazia sospesa e potere usurpato dai ricattatori dell’alta finanza,
che oggi dominano le istituzioni». Risultato provvisorio: disaffezione
elettorale e annunciato sabotaggio delle urne. Anche in questo, la Francia
è in controtendenza: per denunciando una campagna “stanca”, ha votato
l’80% del francesi. Stando ai primi sondaggi basati sul risultato
provvisorio, Hollande vincerebbe il ballottaggio con il 54% dei voti,
contro il 46% di Sarkozy. Per la prima volta nella storia della Quinta
Repubblica, intanto, un presidente uscente si ritrova battuto al primo
turno. Non è ancora la Waterloo del “marito di Carlà”, ma il vero
sconfitto già si delinea: è l’Europa di Bruxelles e della Bce, quella dei “mandanti” di Mario Monti, l’uomo appoggiato da Bersani e Alfano.
Fonte:Libre associazione di idee
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