I leader si nascondevano dietro nomi di africani ignari.
Una segretaria della Camera come tramite
PAOLO COLONNELLO
MILANO
Che fine hanno fatto i bilanci del Sin.pa, il sindacato padano di Rosi Mauro? Non si sa. Perché quando l'altro ieri gli uomini della Gdf si sono presentati nella sede di via Del Mare si sono sentiti rispondere che semplicemente i bilanci non esistevano perché il sindacato non aveva contabilità: «Fa tutto la Rosi».
Non è difficile immaginare, dunque, che la ruspante vicepresidente del Senato appena espulsa dalla Lega dovrà essere chiamata in Procura molto presto per spiegare come mai il sindacato da lei presieduto non aveva uno straccio di contabilità, nonostante le generose elargizioni dell'ex tesoriere Francesco Belsito (300 mila euro solo nel 2011).
Sin.pa senza bilanci
Dunque, la prossima settimana potrebbero scaturire nuove iscrizioni sul registro degli indagati. Gli inquirenti milanesi stanno infatti controllando il resto della documentazione acquisita per capire in quali e quante circostanze il denaro distratto dai bilanci della Lega a favore dei famigliari e dei fedelissimi del «cerchio magico» di Umberto Bossi possa considerarsi «appropriazione indebita» in concorso con il Belsito.
I carabinieri del Noe di Napoli, nel loro rapporto, segnalavano senza ombra di dubbio che «oltre ai soldi versati personalmente ai famigliari dell’onorevole Umberto Bossi», e al «Senatùr» in persona, vi sono «anche cospicue elargizioni a favore di Rosi Mauro e del Sinpa (Sindacato Padano), della «scuola Bosina» di Varese, riconducibile a Manuela Marrone, consorte di Bossi, ma anche al sen. Calderoli Roberto».
Non è difficile immaginare, dunque, che la ruspante vicepresidente del Senato appena espulsa dalla Lega dovrà essere chiamata in Procura molto presto per spiegare come mai il sindacato da lei presieduto non aveva uno straccio di contabilità, nonostante le generose elargizioni dell'ex tesoriere Francesco Belsito (300 mila euro solo nel 2011).
Sin.pa senza bilanci
Dunque, la prossima settimana potrebbero scaturire nuove iscrizioni sul registro degli indagati. Gli inquirenti milanesi stanno infatti controllando il resto della documentazione acquisita per capire in quali e quante circostanze il denaro distratto dai bilanci della Lega a favore dei famigliari e dei fedelissimi del «cerchio magico» di Umberto Bossi possa considerarsi «appropriazione indebita» in concorso con il Belsito.
I carabinieri del Noe di Napoli, nel loro rapporto, segnalavano senza ombra di dubbio che «oltre ai soldi versati personalmente ai famigliari dell’onorevole Umberto Bossi», e al «Senatùr» in persona, vi sono «anche cospicue elargizioni a favore di Rosi Mauro e del Sinpa (Sindacato Padano), della «scuola Bosina» di Varese, riconducibile a Manuela Marrone, consorte di Bossi, ma anche al sen. Calderoli Roberto».
Un conto però sono le informative dei carabinieri, un altro le risultanze processuali. Come ha detto l’altro giorno Roberto Maroni, «la Lega in questa vicenda si considera parte lesa». Una consapevolezza che, a leggere le carte, solo due mesi fa non era così chiara. Il timore di un intervento giudiziario sui pasticci contabili combinati da Belsito risulta infatti evidente anche dai comportamenti di alcuni «insospettabili».
Scrivono gli investigatori della Dia di Reggio Calabria: «Subito dopo la pubblicazione sugli organi di stampa nazionali degli investimenti del movimento politico Lega Nord all’estero, il gruppo sottoposto alle investigazioni, attraverso l’acquisito di schede telefoniche internazionali e nazionali intestate a ignari cittadini stranieri e caselle di posta elettronica attive su domini internazionali, si è creato una rete di comunicazione “clandestina”, per poter dialogare, come da loro detto esplicitamente, in modo sicuro e riservato».
Insomma, i leader della Lega, per parlare al telefono usavano i nomi di poveri extracomunitari ignari, gli stessi che volevano ricacciare oltre mare e che in questo caso tornano comodissimi. «Bonet Stefano prosegue la nota Dia - per le conversazioni riservate, dotava Restaini Lubiana, segretaria della Lega alla Camera, di due utenze telefoniche intestate ad un cittadino senegalese e a uno del Bangladesh.
Senegal e Bangladesh
In quest’ottica, il 17 febbraio, l’imprenditore veneto contattava (da utenza intestata a tale Mattia Camurati) sull’utenza del cittadino Md Zalal Uddin (Bangladesh) la Restaini Lubiana, dipendente del Parlamento, che risulta vicina al senatore della Repubblica on. Roberto Castelli e all’on. Roberto Maroni e allo stesso Bonet Stefano, con la quale ha intrapreso un’ampia collaborazione con lo scambio di costanti e continui contatti telefonici. Nel corso della telefonata - in alcuni momenti dai toni aspri, per via di come si stava sviluppando la vicenda del rientro dei capitali esteri –, la Restaini passava la conversazione al senatore Roberto Castelli».
Sapeva il senatore Castelli di parlare su un cellulare «extracomunitario»? Non si sa. Ma certo Castelli è molto bene informato dei pasticci africani di Belsito e dei suoi «favori» al «capo». E «il nano» è furioso con lui: «Francesco dice che lui non sa come abbia potuto fare Castelli... che ne ha fatte più lui... Nadia dice che secondo lei perché si è agganciato alla Rosi perché prima non lo considerava nessuno...».
I figli del Senatùr
Insomma, dietro le rocambolesche vicende dei rimborsi elettorali del Carroccio emergono vicende di dispetti e ricatti tutti da indagare.
Come ad esempio il riferimento a una questione relativa a un figlio di Bossi, di cui si parla in un’intercettazione del 23 febbraio scorso, nella quale il «nano» Belsito si sfoga con la segretaria e responsabile «gadget» della Lega, Nadia Dagrada. Scrivono gli investigatori: «Francesco chiede cosa dicono di lui alla Lega e aggiunge che l'unico che lo ha trattato bene è stato Riccardo e che gli ha promesso che quando vedrà il padre (Umberto Bossi) parlerà bene di lui. Nadia dice che invece l'altro è "un pezzo di merda"; (riferendosi probabilmente all'altro figlio di Bossi) e che poi deve raccontargli un episodio in cui lo hanno trattenuto un'ora e mezza in Questura, del quale riuscirà ad avere anche il verbale, e che comunque il padre non è stato avvisato...».
Di cosa si tratta? L'unico episodio simile riguarda Roberto Libertà che 8 o 10 mesi fa, ancora minorenne, venne fermato dai carabinieri vicino a una cascina nei pressi di Angera, ritrovo di giovani un po' sbandati. Portato in caserma, vi rimase circa un'ora e mezza per l'identificazione. Ne scaturì una denuncia contro i carabinieri presentata da un legale milanese. La vicenda, trattata dal pm di Varese Petrucci, venne quindi archiviata.
fonte: La Stampa
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