MES, un colpo di stato in 17 paesi
Se per colpo di stato si intende la presa del potere reale e la limitazione del potere del Parlamento nazionale democraticamente eletto allora il Trattato che istituisce il MES è un colpo di Stato effettuato in 17 paesi contemporaneamente.
Ciò è’ totalmente in armonia con la filosofia della Commissione europea che secondo il suo presidente Barroso deve diventare il governo economico dell’Unione che deve definire le azioni che i governi nazionali devono eseguire (28.09.11) [1].
Il Meccanismo europeo di Stabilità (MES) non è tanto un meccanismo quanto una nuova amministrazione dell’Unione europea (UE). Lo scopo dichiarato è quello di erogare prestiti (a condizioni strette) ai paesi dell’eurozona che non possono più adempiere ai loro obblighi finanziari. Rileverà i compiti di FESF e EFSM citati sopra e sarà gestito da un Consiglio dei governatori composto dai 17 ministri delle Finanze dei paesi dell’eurozona situati nell’Unione europea.
Il trattato del MES recita all’articolo 8 che l’organismo disporrà di un capitale sociale di 700 miliardi di euro. Poi all’articolo 10 si precisa che il Consiglio dei governatori può decidere di mutare l’importo e di adeguare l’articolo 8 in conseguenza. All’articolo 9 si prevede che il Consiglio dei governatori potrà esigere in qualsiasi momento il versamento del capitale sociale non ancora versato (in meno di 7 giorni!). Cioé si prevede che il MES potrà esigere senza limiti il pagamento dei paesi membri. Il trattato non prevede alcun diritto di veto per i parlamenti nazionali.
Unanimità
Ai sensi dell’articolo 5.6, il Consiglio dei governatori dovrebbe adottare le decisioni di cui sopra all’unanimità. Il Consiglio al completo deve votare “a favore”.
A prima vista è molto strano che il funzionamento del Trattato dipenda integralmente dall’unanimità dei 17 ministri delle Finanze dell’eurozona. Se si considerano le difficoltà attuali per raggiungere un accordo unanime sulla concessioni dei prestiti già promessi alla Grecia, è un fatto imprevisto che l’Unione europea possa costruire un trattato basato unicamente sul principio dell’unanimità, anche se essa a priori è difficilmente raggiungibile.
L’eurozona è un un variegato riflesso delle diversità dell’Europa: i Paesi Bassi, il Belgio, il Lussemburgo, la Germania e la Francia e poi l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna, l’Italia, Malta, la Grecia, la Slovacchia, la Slovenia e, infine, l’Estonia e la Finlandia. In realtà, i 17 ministri costituiscono un’assemblea eterogenea. Ognuno rappresenta un paese con interessi diversi. E ci aspettiamo l’unanimità, da loro? Com’è possibile?
Per capire meglio, dobbiamo ampliare la visuale. Nel MES sono i 17 ministri delle Finanze che votano su tutte le decisioni importanti, ma ci sono anche altre persone presenti a tutte le loro riunioni, ufficialmente con lo statuto di “osservatori”. Perché questi ministri hanno bisogno di osservatori? Per garantire che stiano facendo quello che devono?
Ci sono tre osservatori:
- il membro della Commissione Europea responsabile per gli Affari economici e monetari,
- il Presidente dell’Eurogruppo (un club informale di questi 17 ministri delle Finanze)
- il Presidente della Banca Centrale Europea! [2]
Quindi, se non si riesce a ottenere l’unanimità spontaneamente dai 17 ministri delle Finanze, sarà l’influenza degli osservatori che aiuterà a raggiungerla? Per capire quale influenza possano avere la Commissione Europea e la Banca Centrale Europea sui nostri ministri, guardiamo da più vicino.
Chi sono i ministri delle Finanze?
Beh, di solito sono persone che vanno e vengono. Nella maggior parte dei casi sono nominati dopo le elezioni legislative nazionali, puntualmente seguite da mercanteggiamenti per formare una coalizione a discapito di qualsiasi promessa elettorale poi seguiti da lacerazioni interne per le cariche più importanti come il Ministero degli Interni, dello Sviluppo economico e del Tesoro.
Sono per lo più persone arriviste che ambiscono a una carriera politica e che sono stati incoraggiati dai partiti politici. Nella migliore delle ipotesi, hanno le capacità per guidare un ministero: possono ricevere l’incarico della Difesa e poi essere nominati in seguito a dirigere il Ministero dell’Istruzione o degli Affari sociali. La conoscenza della materia è generalmente considerata meno importante della capacità dirigenziale.
L’economia non è la finanza
Ed è così che ad esempio nei Paesi Bassi abbiamo un ministro delle Finanze, Jan Kees de Jager, che sebbene sia ornato di diplomi d’economia, inizialmente non dava l’impressione di capire un granché di finanza. Una delle sue prime idee è stata quella di proporre una legge che vietasse d’incoraggiare le persone ad andare a ritirare i soldi in banca. Jan Kees, lo sappiamo che le banche non hanno soldi! Per ogni euro che i clienti di una banca come ING (la maggiore banca olandese) depositano sul conto, la banca ha solo 3 centesimi a disposizione. Chi andrebbe quindi a fare la fila per queste somme? E poi, fintantoché la banca centrale non vuole che una banca fallisca, essa può resistere indefinitamente alla corsa agli sportelli con fondi presi in prestito.
I neoministri delle Finanze sono generalmente felici di essere arrivati così in alto nella loro carriera ma entrano in un mondo che conoscono poco o affatto. È il microclima delle istituzioni finanziarie internazionali e dei numeri con infiniti zero. Può bastare un momento di distrazione per sbagliarsi di decine di miliardi di euro. Il Primo ministro olandese Rutte e il ministro delle Finanze olandese Jan Kees de Jager si sono sbagliati di 50 miliardi di Euro parlando dei fondi di soccorso europei [3]. Questi ministri appena nominati costituiscono una preda facile per i consulenti della BCE e dal FMI, che vengono a spiegare loro come funziona e cosa ci si aspetta da un buon ministro delle Finanze.
Nel caso in cui i ministri delle Finanze conoscessero un minimo di nozioni di economia, dovrebbero sapere che l’esperienza dell’euro è destinata al fallimento. Era già risaputo nel 1970, agli albori del progetto, ciononostante alcuni banchieri e politici testardi hanno spinto lo stesso l’idea della moneta unica. Il problema è che una moneta unica può funzionare solo in una zona economica omogenea. [4] [5] [6] Ecco perché.
Il giogo del tasso di cambio fisso
Quando i consumatori di un paese dalla produttività minore prefescono acquistare prodotti importati più economici e migliori, il debito estero aumenta mentre contemporaneamente la produttività nazionale diminuisce. Se il paese ha la sua moneta, può quindi svalutarla. Ciò renderà più cari per i cittadini i beni importati e meno cari i prodotti esportati per i paesi esteri. Si ridurrà il debito e aumenterà la produttività. Le svalutazioni erano comuni, prima dell’euro ma adesso, con l’euro, è come se avessimo un tasso di cambio bloccato. I paesi meno produttivi vengono catturati come topi in una trappola: non possono più uscire dal debito. Ecco perché la strada intrapresa di aiutarli indebitandoli ulteriormente è una scelta come minimo bizzarra per non dire dannosa.
Viva il mercato unico dei capitali
Non dimentichiamo che questi paesi non avevano grossi problemi insormontabili al momento della loro entrata nell’area dell’euro, altrimenti non sarebbero stati ammessi. In realtà, i problemi sono iniziati proprio con la loro adesione all’euro, perché contemporaneamente la libera circolazione dei capitali diventava realtà. Le banche dei paesi che erano già nell’eurozona accorrevano per erogare mutui a tasso agevolato ai nuovi cittadini dell’euro, e visto che con lo stesso capitale, le banche sono autorizzate a fornire il doppio dei mutui per la casa rispetto ai prestiti per altri scopi, sono state finanziate soprattutto le case. I banchieri non hanno tenuto conto del fatto che la gente non ha bisogno solo di un posto dove vivere ma anche di un reddito per rimborsare i prestiti. Avrebbero dunque dovuto finanziare anche le attività economiche ma non è stato il caso. Così la prima serie di cittadini europei si è ritrovata indebitata senza potere rimborsare il debito: crollo del mercato immobiliare, fallimento di imprese e fornitori, quartieri di case vuote e non finite.
Le regole problematiche dell’euro
Si noti anche che i “paesi problematici” sono stati designati tali unicamente perché non rispettavano i criteri richiesti per l’eurozona, cioè un deficit di bilancio del 3% del PIL e un debito pubblico di massimo il 60% del PIL. [7] Solitamente non pone alcun problema il fatto di avere un debito pubblico del 120% se esso è controbilanciato, come nel caso della Grecia, da asset/beni pubblici. E neanche un deficit di bilancio superiore al 3% dovrebbe essere un problema per un paese. In realtà, l’unico problema è che i requisiti di Maastricht si sono avverati non realisti. Quasi nessuno dei paesi membri li ha rispettati: vuol dire che chi li ha creati è scemo? E con gli autori, anche i ministri che hanno promesso di rispettarli? Si tratta comunque del metodo più semplice per creare una crisi.
Pecora nera
Poiché quasi nessun paese rispettava i criteri, bisognava deviare l’attenzione concentrandola sull’alunno più indisciplinato. Per la Grecia, è stata montata tutta una campagna diffamatoria, alla quale hanno partecipato anche dei politici olandesi bugiardi. La Grecia avrebbe truccato i conti del debito [8], i Greci sarebbero pigri e andrebbero in pensione troppo giovani e così via dicendo [9]. Rapidamente la Grecia fu attaccata e cominciò a dovere pagare interessi sempre più alti per i suoi prestiti. Per fortuna i suoi compagni di classe dell’euro erano disposti ad aiutarli, Jan Kees promise persino che ci avremmo guadagnato.
Il denaro è potere
Finito di manipolare la vittima designata nei problemi – ricordo che la Grecia non aveva problemi insormontabili al momento di entrare nell’euro – si comincia ad applicare la politica del bastone e della carota : ti prestiamo tot a condizione che… Il FMI vanta mezzo secolo di esperienza con questo tipo di abuso di potere. Ha applicato questa politica deliberatamente in molti paesi in via di sviluppo. Innanzitutto indebita il paese in modo tale che non possa neanche più rimborsare gli interessi. Sono prestiti concessi per progetti determinati, normalmente gestiti da società estere, quelle stesse che incassano il denaro dei prestiti. Il paese si ritrova con il debito. Poi si vende tutto quello che ha valore nel paese ad investitori esteri e naturalmente il governo deve tagliare tutte le spese fino al midollo mentre il popolo sanguina, così si capisce che il FMI è il padrone.
Investito dal potere della Commissione europea
Sebbene l’articolo 122.2 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) [10] consenta al Consiglio europeo di fornire assistenza finanziaria ai partner in difficoltà (su proposta della Commissione europea), i lupi della Commissione europea non potevano resistere alla tentazione di creare il proprio FMI, o più precisamente, un fratello europeo, che lavorasse in collaborazione stretta con il esso.
L’hanno tempestivamente istituito a maggio e a giugno 2010, EFSM ed EFSF, ma su base temporanea e con una base legale carente. La capacità di prestito di EFSF è stato recentemente aumentato a 440 miliardi (1320 € per cittadino).
Il successore è il MES. Firmato l’11 luglio 2011, è in attesa della ratifica dei parlamenti nazionali entro il 31 dicembre 2011. Il MES sarà un organo permanente e avrà facoltà di richiedere somme illimitate alle casse statali, prestandole a rischio e a spese dei cittadini dell’euro. Inizialmente dotato di un capitale di 700 miliardi (2.100 € per cittadino), si parla già dell’eventuale necessità di aumentarlo a 1.500 – 2.000 miliardi …
L’emendamento all’articolo 136
Il MES si basa su una modifica dell’articolo 136 del TFUE del 23 marzo 2011 [11], che in realtà rappresenta un aumento del potere dell’Unione europea. E poiché questo emendamento si basa sull’articolo 48.6 del trattato sull’Unione europea (TUE), è tutto illegale [12]. Ma a Bruxelles se ne fragano e persino i parlamenti nazionali non trovano le regole della democrazia abbastanza importanti per rifiutare questa costruzione illegale. Perché la conseguenza sarebbe che la gente dovrebbe prima votare l’ampliamento di potere di Bruxelles. E il popolo ‘scemo’ voterebbe sicuramente contro.
Il MES avrà il potere di svuotare le casse degli Stati, senza che i parlamenti possano opporvisi. Inoltre, questo emendamento – letteralmente – rende possibile una serie di altre istituzioni antidemocratiche che con la scusa di combattere l’instabilità della zona euro, potrebbero limitare gli effetti della legislazione nazionale e dei diritti dei cittadini.
Colpisci e terrorizza
Creare una crisi e prendere il potere. E’ proprio quando il paese è completamente disorganizzato, che si possono riordinare gli affari come si vuole. Si tratta di uno scenario violento che i sostenitori dell’economia ultraliberista hanno applicato per decenni in molti paesi, come l’Inghilterra, la Polonia, la Cina, il Sudafrica, la Russia e gli Stati Uniti. Mi riferisco a un dei libri più chiarificatori della nostra epoca:“La dottrina dello shock” di Naomi Klein (da leggere!)
Ora è il turno della Grecia. La diffamazione ha sortito i suoi effetti. I cittadini degli altri paesi dell’euro non protestano, al massimo protestano contro le eventuali perdite del loro denaro, che i fondi pensioni hanno investito. Ma se riflettono un attimo, capirebbero che un giorno, forse domani, anche loro potranno essere manovrati dai debiti, dai fondi di salvataggio. Potrebbe succedere in quattro e quattr’otto, con la miccia di un titolo alla ribalta nella stampa come ad esempio “Il Crédit Agricole rischia il fallimento”.
Circolo vizioso
Poi con il panico appositamente creato, i parlamenti accettano le misure di emergenza, che non avevano nemmeno previsto fosse possibile varare alla vigilia. Ora i capitali dei fondi di salvataggio devono anche servire a salvare le banche. Abbiamo quindi creato un circolo vizioso: le banche che causano i problemi, possono beneficiare, direttamente o indirettamente, dei finanziamenti di emergenza, e prestare in modo ancora più temerario, poiché le eventuali perdite saranno pagate dai cittadini dell’eurozona! [questo è vero per i paesi al di là delle Alpi semmai, visto che tutti i rubinetti del credito sono chiusi in Italia avvalorando in pieno la mia ipotesi del drenaggio dai PIIGS agli altri paesi e banche d'Europa, NdTr].
Abbasso l’unanimità
Torniamo al MES. Il trattato può funzionare, o essere nullo a seconda che i 17 Ministri delle Finanze trovino l’unanimità o meno. La Commissione europea e la BCE confidano nella propria influenza per mettere d’accordo i diciassette.
In realtà, non è necessario che tutti i 17 siano d’accordo. Una decisione è anche valida quando i ministri non sono tutti presenti. Ogni ministro rappresenta un numero di voti, proporzionale al capitale sottoscritto dal suo paese (cfr. Appendice sotto). Quando i due terzi dei ministri che rappresentano i due terzi dei voti totali sono presenti, possono votare validamente. E il fatto di non votare non impedisce la decisione unanime, purché non intervenga alcun voto contrario.
In teoria, un ministro testardo di un piccolo paese potrebbe quindi guastare la festa. Sia detto in particolare che dovrà anche avere molto coraggio. Barroso non vuole più che ciò possa accadere, perciò vuole modificare tutti i trattati dell’UE in modo che le decisioni non debbano essere prese all’unanimità. Per il MES, ad esempio, significherebbe che se la Germania, la Francia, l’Italia e i Paesi Bassi sono d’accordo, gli altri 13 non avranno più voce in capitolo. Viva la dittatura di Bruxelles! Viva l’Unione Europea!
Immunità
Siamo già stati abituati al fatto che gli amministratori e i rappresentanti del popolo non amano rispondere delle proprie parole e azioni. Ma al MES, esagerano veramente: le norme sono state stabilite in modo tale che tutto il personale e tutti i partecipanti potranno fare o lasciare fare quello che vorranno, senza dover rendere conto ad alcun parlamento, ad alcuna amministrazione né ad alcuna magistratura. Al massimo, un ministro delle Finanze potrà essere sostituito da un altro, che godrà immediatamente degli stessi privilegi esorbitanti. Un furfante non potrebbe desiderare migliore rifugio!
Conclusione
L’Unione Europea annovera tra i suoi principi dichiarati il libero mercato. Quasi tutti hanno capito che la deregolamentazione delle banche, la privatizzazione delle infrastrutture e l’abolizione delle missioni del governo ci portano a una società irta di difficoltà e tormentata dalle crisi. Questi principi sono obsoleti. I loro paladini non potranno che imporli con la violenza. La Grecia non sarà l’ultima vittima.
[2] Ufficialmente la Banca centrale europea non è un organo dell’Unione europea. * La BCE è di proprietà delle banche centrali dell’eurozona, che a loro volta, sono indipendenti dai governi nazionali, nel senso che non ne prendono gli ordini. Esse sono guidate da Consigli di soggetti privati. L’euro non appartiene quindi né all’UE né ai governi nazionali, ma a un cartello di banchieri indipendenti dai governi, a Francoforte, la città dei Rothschild. L’Unione europea non può ordinare niente alla BCE, ma vice versa la BCE ha il potere di farlo all’interno dell’UE. Essa dirige il Sistema europeo di banche centrali, che è, dal canto suo, un organismo dell’Unione europea. La BCE, insieme alle banche centrali della zona euro, sono membri di questo organismo. O come complicare tutto per dare il potere di un organismo ufficiale alle società private.
* http://www.europarl.europa.eu/parliament/expert/displayFtu.do?id=73&ftuId=FTU_5.2.html&language=en
[3] Vrijspreker le 22 juillet 2011 *
Traduzione: Il governo olandese e la Commissione europea si contraddicono sul volume del pacchetto di aiuti alla Grecia. Secondo il ministero delle Finanze ammonta a un importo di 109 miliardi di dollari, 50 miliardi provenienti da banche e da altre istituzioni finanziarie. Secondo la Commissione europea, i governi pagano 109 miliardi più 50 miliardi da istituzioni private. La banca centrale olandese casca dalle nuvole: “Anche noi vorremmo sapere che ne è”, ha detto un portavoce della DNB. La Banca centrale europea riferisce alla Commissione europea.* http://www.vrijspreker.nl/wp/2011/07/eu-euro-reddingsactie-geklungel/
[4]
Negli studi scientifici sulle “optimum currency areas” (aree ottimali per una moneta) si possono distinguere gli studi che si sono concentrati sulle condizioni necessarie da quelli che dopo il 1970 (quando i politici avevano deciso che volevano una moneta unica) si sono focalizzati sui costi e i benefici.
Roman Horvath and Lubos Komarek dans “OPTIMUM CURRENCY AREA THEORY: AN APPROACH FOR THINKING ABOUT MONETARY INTEGRATION” (2002)
“It is possible to distinguish two major streams of the optimum currency area literature. The first stream tries to find the crucial economic characteristics to determine where the (illusionary) borders for exchange rates should be drawn (1960s-1970s). The second stream (1970s-till now) assumes that any single country fulfills completely the requirements to make it an optimal member of a monetary union. As a result, the second approach does not continue in the search for characteristics, identified as important for choosing the participants in an optimum currency area. This literature focuses on studying the costs and the benefits to a country intending to participate “
“È possibile distinguere due correnti principali nella letteratura su una valuta ottimale di un’area determinata. La prima corrente si prefigge d’individuare le caratteristiche economiche cruciali per determinare dove si debba ergere la (illusoria) frontiera per i tassi di cambio (anni 1960-1970). La seconda corrente (1970-fino ad oggi) presuppone che ogni singolo paese possa soddisfare completamente i requisiti per farne un ottimo membro di un’unione monetaria. Ne risulta che nel secondo approccio non si continua nella ricerca delle caratteristiche considerate come cruciali per la scelta dei partecipanti in un’area monetaria ottimale. Questa letteratura si concentra sullo studio dei costi e dei benefici di un paese che intendesse partecipare a un’area monetaria data.”
http://wrap.warwick.ac.uk/1539/1/WRAP_Horvath_twerp647.pdf , page 7.
Friedman descrive i benefici dei tassi di cambio flessibili come segue: “Come si può vedere normalmente, i prezzi e i salari in un paese sono relativamente rigidi e [questi] fattori sono immobili tra i paesi. Di conseguenza, quando una richiesta diventa negativa o nel caso di un shock dell’offerta, l’unico strumento per evitare ulteriore inflazione o la disoccupazione è di cambiare il tasso di cambio flessibile (che significa rivalutare o svalutare la moneta ). Questo riporterà l’economia all’equilibrio iniziale interno ed esterno. (…) Con un tasso di cambio fisso, avremmo ancora l’impatto sgradevole della disoccupazione o dell’inflazione. “
http://wrap.warwick.ac.uk/1539/1/WRAP_Horvath_twerp647.pdf , page 8.
[5] Yrd. Doç. Dr. Hüseyin Mualla YÜCEOL, Mersin Üniversitesi İktisadi ve İdari Bilimler Fakültesi, Maliye Bölümü, dans “WHY THE EUROPEAN UNION IS NOT AN OPTIMAL CURRENCY AREA: THE LIMITS OF INTEGRATION” (« PERCHÈ L’UNIONE EUROPEA NON È UNÂREA VALUTARIA OTTIMALE: I LIMITI DI INTEGRAZION »)
http://eab.ege.edu.tr/pdf/6_2/C6-S2-M6.pdf , pagina 66
[6] Paul de Grauwe, parties d’un speech:
“With up to twenty-seven members instead of the present twelve, the challenge for ensuring a smooth functioning of the enlarged Eurozone will be daunting. The reason is that in such a large group the probability of what economists call ‘asymmetric shocks’ will increase significantly. This means that some countries may experience a boom and inflationary pressures while others experience deflationary forces. If too many asymmetric shocks occur, the ECB will be paralyzed, not knowing whether to increase or to reduce the interest rates. As a result, member countries will often feel frustrated with the ECB policies that do not (and cannot) take into account the different economic conditions of the individual member countries. This leads us to the question whether the enlarged EMU will, in fact, be an optimal currency area.” (…)
“If a country is hit by negative shocks brought about by agglomeration effects, the wage cuts necessary to deal with these shocks will inevitably be very large. To give an example: If Ford Motor were to close down a plant in Belgium and to invest in Poland instead, the wage cut of Belgian workers that would convince Ford Motor not to make this move would have to be 50% or more given that the wage not feasible, then flexibility dictates that the Belgian workers be willing to move.”
http://mostlyeconomics.wordpress.com/2010/06/21/were-europes-curent-problems-never-imagined/
[7] Sono le esigenze del “Pacte de Stabilité et de Croissance”.
[8] Nikolaos Salavrakos, Membro del Parlamento Europeo in “Is there a way out?”
http://www.efdgroup.eu/news/99-the-greek-fiscal-crisis-is-there-a-way-out.html
[9] Statistiche dell’OCDE
http://www.oecd.org/document/47/0,3746,fr_2649_34747_39374006_1_1_1_1,00.html
[10] Articolo 122.2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2010:083:0047:0200:fr:PDF
[11] Resoluzion del Parlamento Europeo del 23 Marzo 2011 sul progetto di decisione del ConsiglioEuropeo modificamdo l’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P7-TA-2011-0103+0+DOC+XML+V0//FR
[12] art 48.6 Treaty of the European Union
eur-lex.europa.eu
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