di Valentina Errante e Cristiana Mangani
E arriva nei giorni in cui procura e squadra mobile stanno setacciando la chiesa vicina al Senato, alla ricerca di elementi che possano ricondurre alla ragazza. È proprio lì che nell’aprile del ’90, a distanza di pochi mesi dall’uccisione per strada, Renatino è stato seppellito con gli onori di un Papa e di un nobiluomo. Gli inquirenti avrebbero deciso di indagare Vergari percorrendo lo strano e misterioso rapporto che lega il bandito assassinato a Campo de’ Fiori all’ex rettore. A chi gli chiede, infatti, le ragioni di una simile sepoltura, il monsignore la giustifica così: «Nel carcere mai ho domandato a nessuno perché era là o che cosa aveva fatto. Tra le centinaia di persone incontrate dei più diversi stati sociali, parlavamo di cose religiose o di attualità. Enrico De Pedis veniva come tutti gli altri, e fuori dal carcere, ci siamo visti più volte: normalmente nella chiesa di cui ero rettore, sapendo i miei orari e altre volte fuori, per caso. Mai ho veduto o saputo nulla dei suoi rapporti con gli altri, tranne la conoscenza dei suoi familiari. Aveva il passaporto per poter andare liberamente all'estero. Mi ha aiutato molto per preparare le mense che organizzavo per i poveri. Quando seppi dalla televisione della sua morte in via del Pellegrino, ne restai meravigliato e dispiaciuto».
L’iscrizione di Vergari sarebbe stata definita un atto dovuto, in realtà rientra nella nuova politica che il Vaticano sta adottando intorno a questa vicenda, e cioè la politica della trasparenza e della massima disponibilità. Sarebbe stato lo stesso Papa a ordinare di fornire la necessaria collaborazione al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e al capo della Mobile Vittorio Rizzi, affinché una volta per tutte, la tomba di Renatino potesse smettere di pesare sull’immagine di Sant’Apollinare e, quindi, di tutta la chiesa.
Il sospetto degli inquirenti ora è che l’ex rettore potesse aver raccolto le confessione di De Pedis e, vincolato al segreto, abbia tenuto per sé la confidenza cercando di far riscattare con la beneficenza l’immagine di uno dei più noti criminali della storia italiana. A questo, poi, si aggiunge il fatto che ad autorizzare la sepoltura del boss era stato lo stesso cardinale Poletti. Racconta nel 2005 alla Dia, Carla Di Giovanni, moglie di De Pedis: «Mio marito era un uomo generoso nell’aiutare i poveri, nonché i sacerdoti e i seminaristi». Andò lei stessa a parlare con il vescovo vicario di Roma, cardinale Poletti. A inviare la signora dal cardinale era stato monsignor Vergari. Probabilmente la vedova e il vicario del Papa si soffermarono sulle sostanziose offerte e «opere di bene» del defunto: quei 500 milioni donati prima della sepoltura. Qualcosa di sospetto, però, il cardinale dovette intuirlo, se è vero che dopo l'incontro (e dopo un colloquio con l’ex rettore) «ha autorizzato solo la inumazione nella basilica e non il funerale, per evitare eccessivo clamore attorno alla vicenda.
Pietro Orlandi. «È una notizia importante che conferma la volontà di capire e di accertare i fatti», commenta Pietro Orlandi, fratello di Emanuela. Mentre il medico legale, Cristina Cattaneo, capo del pool di esperti che sta lavorando sulle ossa recuperate nella cripta, ne sta isolando alcune perché ritiene che debbano essere sottoposte a esami più approfonditi. E la Scientifica, intanto, sta analizzando quei cunicoli che, fino a qualche tempo fa, collegavano la chiesa alla scuola di musica dove Emanuela è stata vista per l’ultima volta.
fonte: Il Messaggero
Martin Lutero non ha insegnato nulla a costoro i prelati in cambio di soldi vendono pure una sepoltura in chiesa ad un delinquente ,costoro sanno tutto della sparizione della Orlandi ,chissa' se qualche alto prelato si era invaghito della ragazzina ? i rappresentanti della chiesa cattolica mi hanno disgustato ,la gente si sta allontanando sempre piu' .
RispondiEliminafonte:il messaggero ....cos'è, uno scherzo?
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